Il 29 aprile si celebra il dies natalis di Santa Caterina da Siena, morta nel 1380. Di lei, Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia, d’Europa, patrona secondaria di Roma, patrona delle infermiere (di questi tempi), patrona della Nobile Contrada dell’Oca e della Contrada del Drago tutto è stato scritto. Ma se la guardiamo con gli occhi di noi che lavoriamo nel “sociale” possiamo azzardarci a definirla un’antesignana del volontariato. Certo avrebbe potuto fondare e dirigere, che so, una cooperativa sociale.
Ce la vedo a “tuonare” all’Orto de’ Pecci per organizzare al meglio il lavoro e tutelare i soggetti più fragili (coi ricchi, coi potenti, con gli sbruffoni, i falsi e con chi si faceva passare per finto buono non è mai stata, giustamente tenera).
Lei che assisteva ogni bisognoso, ogni malato, ogni essere “ultimo”. Lei che, come vuole la tradizione col suo sacchetto di medicamenti e unguenti, si recava tutte le sere all’ospedale di Santa Maria della Scala, e ovunque ne vedesse la necessità, per curare e confortare i malati.
Del resto, proprio nell’antico ospedale, c’è ancora il “giaciglio” nel quale si dice che riposasse quando andava proprio nelle notti in cui andava ad assistere poveri e infermi. E questo si trova in un locale accanto al carnaio, in un’area che dal 1607 era stata assegnata alla Compagnia di Santa Caterina della Notte, una delle Compagnie laicali sorte sulle sue orme, proprio perchè si sapeva che in quelle stanze la Santa amava pregare all’interno dell’ente ospedaliero.
E proprio da questo suo “girovagare” nella notte da un luogo all’altro nasce anche una leggenda: a lato del Battistero sale una ripida scalinata che conduce fino al portale del Duomo Nuovo. Realizzata a metà del Quattrocento, la scalinata è popolarmente detta di Santa Caterina perché si dice che la giovane vi sarebbe caduta spinta dal diavolo, perdendo i denti incisivi quando stava tornando a casa dopo il suo operato in ospedale. Un’altra versione dice che, mentre rientrava proprio dal Santa Maria incotrò il demonio ma lei, con un urlo, lo mise in fuga. Il punto esatto dove si svolsero l’uno o l’altro di questi eventi si dice che sia segnato su un gradino con una croce. La Santa di Fontebranda, tuttavia, se inciampò (o se a cadere fu il diavolo) lo fece sull’insidioso mattonato posto a taglio con cui allora si lastricavano le strade senesi perché, quando le scale furono costruite, Caterina era ormai morta da più di settanta anni.
Giuseppe Saponaro
In questa giornata speciale per Siena, Sienasociale.it esprime i migliori auguri di buon onomastico a tutte le “moderne” Caterina