Siena, Corte dei Miracoli, LaLUT dagli anni ’90 è sinonimo di ricerca e produzione teatrale. Non è una compagnia. E’ un collettivo che idea progetti finalizzati alla realizzazione di spettacoli e laboratori, per bambini, ragazzi e adulti, nelle scuole, ma anche in ambito psichiatrico e all’interno della casa circondariale.

Incontro Ugo Giulio Lurini che del progetto teatro in carcere è referente. Per prima cosa mi spiega che la sua attività nella casa circondariale senese è solo l’ultima delle sue esperienze di teatro sociale.

Sono anni che mi dedico al teatro come attività sociale. Un’attività che aiuta moltissimo nella prevenzione del disagio sociale e psichico. A scuola, si realizzano laboratori che aiutano nella motivazione, ma che servono anche ai singoli. Con gli adulti che hanno problemi di carattere psicologico è diverso. Il mio laboratorio per gli psichiatrici, che conduco insieme ad una mia compagna per conto della cooperativa sociale “Valle del sole”, prevede un incontro settimanale di due ore, alla Corte dei Miracoli. Collaboriamo direttamente con il centro diurno di salute mentale. I singoli pazienti ci vengono segnalati dai medici che indicano anche quali sono le difficoltà delle persone e su cosa “agire”. Alla luce di quelle indicazioni, si realizzano dei percorsi che portano anche alla recitazione vera e propria. A volte è incredibile cosa queste persone, in difficoltà, riescano effettivamente a realizzare, grazie alla “libertà” e alle opportunità che l’esperienza teatrale offre.”

Quindi, queste persone poi recitano per il pubblico? E’ un modo per mostrare a chi non ha problemi queste realtà?

Diciamo che, quando si mette in scena uno spettacolo, si pensa al pubblico, ma io preferisco contesti protetti, come la “Corte dei miracoli”: è come portarli in un festival di teatro sociale. Portare le rappresentazioni degli psichici in rassegne regolari non sempre permette di diffondere il messaggio corretto: se non è adeguatamente preparato, il pubblico potrebbe non essere in grado di cogliere la bellezza in questa sorta di diversa normalità e leggere lo spettacolo come una specie di baraccone. Un simile approccio potrebbe nuocere all’attore. Diversamente, se chi assiste allo spettacolo riesce a cogliere l’elemento peculiare, può scoprire una bellezza spesso nascosta.”

Anche i detenuti fanno parte della tua “compagnia” teatrale?

La mia attività con i detenuti della casa circondariale di Santo Spirito inizia come partecipazione al progetto Atlantide che vedeva la collaborazione della Fondazione Monte dei Paschi di Siena con l’Istituto Caselli, in un quadro di prevenzione del disagio. Inizialmente si attivarono dei laboratori con la scuola finalizzati alla prevenzione e all’inclusione sociale. Da qui il passo è stato breve. Abbiamo iniziato a realizzare un laboratorio teatrale per i detenuti, ma il Covid ha rischiato di tarparci le ali. In realtà, nonostante la pandemia, il progetto, in collaborazione con il CIPIA, il centro per l’istruzione agli adulti, ha visto la luce: abbiamo iniziato a fare alcune lezioni on line con una decina di studenti del corso di alfabetizzazione, quindi prevalentemente stranieri. Poi dal 2020 siamo riusciti ad essere in presenza, anche se con un’ulteriore interruzione. Da maggio 2021 lavoriamo con regolarità, all’interno della casa circondariale, con i detenuti.”

Mettete in scena degli spettacoli che poi portate anche fuori dalla carcere?

No, i nostri detenuti non possono fare uscite, quindi neanche spettacoli fuori dal carcere. Esistono norme stringenti a cui ci dobbiamo attenere. Nonostante ciò, c’è stato fin da subito un grande interesse per le attività che proponiamo. Quando abbiamo iniziato, on line, si trattava di esercizi semplici, ma oggi si arriva a mettere in scena vere e proprie recite. Tra l’altro, abbiamo preso parte anche al progetto 100 Canti per Siena: i detenuti si sono preparati in collaborazione con i professori che fanno istruzione secondaria. Il risultato del nostro lavoro è visibile sul nostro blog spiritoinliberta.blogspot.it, così come tutte le altre nostre attività. Anche questo è importante per i detenuti: per loro è un modo per entrare in contatto con il mondo esterno e con le famiglie che così li possono vedere.”

Per i detenuti è un’opportunità anche in termini professionali?

Non attribuirei a questa attività una valenza professionale. Diciamo che si ci si può anche, casualmente, imbattere in talenti, ma in linea di massima, per un recupero sociale di tipo professionale, penso che siano più importanti le attività di alfabetizzazione e di istruzione secondaria, come i corsi per edili e per manutentori, messi a punto con la collaborazione del Caselli. Il teatro ha una valenza diversa. Intanto riempie dei vuoti temporali, che in carcere sono sempre tanti e dolorosi, inoltre induce il detenuto a mettersi in gioco, a fare attività che fuori non avrebbe mai fatto, magari scoprendone la valenza positiva. E poi c’è il senso di libertà: il teatro li fa volare virtualmente al di là delle sbarre che li tengono dentro. Il teatro, come d’altra parte altre forme artistiche, li fa volare oltre il contingente, oltre il momento che vivono nell’immediato.”

Anche quest’anno, le attività laboratoriali volgono al termine, ma il pensiero corre già alla prossima annata e ai prossimi allievi che, quasi certamente, in una casa circondariale come quella senese, saranno diversi perché o tornano in libertà o sono trasferiti in altre realtà carcerarie. Ma a Ugo Giulio Lurini, ogni volta, resta una sensazione positiva di vitalità e speranza: di aver portato qualche goccia nel mare dell’esistenza di queste persone, aiutandole a migliorarsi e a conoscersi meglio.

Marina Berti

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