Mariarosaria Canzano è una docente di scuola primaria, presidente dell’Associazione ODV “Il coraggio di Laura”, ma è, soprattutto, la mamma di Laura, una giovane donna di 20 anni con Autismo di livello severo.
Raggiungiamo telefonicamente Mariarosaria mentre si trova in macchina, destinazione mare, con la sua Laura.
Penso immediatamente che il colore blu del mare possa essere lo sfondo emozionale ed ideale per questa nostra conversazione. Il mare, poi, contribuisce, quasi per antonomasia, alla tranquillità, serenità, rilassatezza
<< Non è sempre così – risponde Mariarosaria- dipende molto dall’umore di Laura, dalle circostanze e dagli eventi, anche indecifrabili, ad occhio nudo>>
La narrazione si sposta, dunque, sull’imprevedibilità dell’autismo e Mariarosaria con piglio consapevole e scientifico dettaglia molto bene questo aspetto : << Il discorso dell’autismo è un discorso di prevedibilità, lo stesso soggetto autistico, nell’arco della giornata, non è mai uguale come lo era in un prima o in un dopo. Non è possibile parlare di comportamenti standardizzati, nonostante molti siano statici nel volere fare sempre le stesse cose, nelle stesse modalità, negli stessi tempi e negli stessi luoghi. Laura, ad esempio, è molto altalenante, anche nell’arco della giornata e tende ad isolarsi – sottolinea Mariarosaria – questa è la sua caratteristica, insieme alla mancanza di relazione. Laura ha un autismo femminile di difficile trattamento e di presa in carico>>
Le parole di Mariarosaria sono di consapevolezza e nel contempo di determinazione tuttavia, proprio per questo, non mi fanno abbandonare l’idea originaria del “blu mare”.
Il mare è un locus complesso, imprevedibile, per natura sconosciuto, per contezza infinito; a volte le sue acque sono limpide e calme, altre agitate finanche pericolose, soprattutto per chi non le conosce, per chi non sa nuotare. Ed anche l’autismo ha in sé molteplici aspetti che non ci permettono di classificarlo, come ben detto da Mariarosaria o di descriverlo in maniera chiara, e dunque di conoscerlo, di esserne informati.
E questo aspetto della conoscenza fa parte della simbologia del colore “blu mare”, scelto come colore della Giornata Mondiale dell’Autismo dalle Nazioni Unite, a partire dal 2 Aprile del 2007, grazie all’iniziativa di Autism Speaks, un’associazione che si pone l’obiettivo di informare e promuovere la ricerca scientifica su cause e su possibili innovative terapie (introducing-new-autism-speaks).
Scopro anche che il colore blu non è solo simbolo di “conoscenza” ma anche di “sicurezza” e certamente, nel corso della nostra conversazione, Mariarosaria Canzano ritorna in modo stringente e conciso sull’impellenza di entrambi.
La “conoscenza” come necessaria non solo per comprendere il disturbo ma anche per informare sul complesso mondo dell’autismo per chi ne soffre e per chi sta vicino; la “sicurezza”, invece, nell’ampia estensione di “prova di consapevolezza” ci conduce all’urgenza di predisporre “una responsabilità civile e sociale” nei fatti e nel rispetto delle esigenze degli autistici e delle famiglie ma, anche e soprattutto, nella progettualità di un futuro, che può costituire anche una frustrazione per tutte quelle famiglie che si abbandonano al dolore ed alla inadeguatezza, che si sentono sole.
<< La diagnosi di autismo è una diagnosi irreversibile, difficile da accettare, c’è una piccola componente genetica che non si può prevedere nei test prenatali o pre-gravidanza della mamma per cui alcuni fattori, ad un certo punto dell’età del bambino/a, innescano situazioni compromettenti la relazione, la comunicazione, le stereotipie, anche del linguaggio tali da condurre ad una diagnosi di “spettro autistico” – dice chiaramente Mariarosaria – ci si può trovare spiazzati e allocati in una zona di buio, di profonda sofferenza. Non è facile, non bisogna minimizzare, e troppo spesso accade, il termine “speciale”, “ragazzi speciali”. La disabilita’ non ha nulla di speciale, non è un privilegio e la società, nonostante una facciata propositiva, non è ancora pronta a farsene carico, soprattutto se è quella degli altri. C’è un dato statistico non di poco conto che indica un aumento dei casi di “spettro autistico” pari al 468% nell’ultimo triennio (https://www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/dettaglioContenutiSaluteMentale.jsp?lingua=italiano&id=5613&area=salute%20mentale&menu=vuoto) e la società non si sa ancora approcciare con all’autismo, non è pronta.>>
Mariarosaria è lapidaria in questa sua narrazione << Mi spaventa molto come la società mi fa vivere la disabilità di mia figlia, non l’autismo di mia figlia, con il quale convivo da anni e sul quale ho costruito la mia vita, la nostra vita. Mi spiego, la società non percepisce i disagi e le difficoltà che noi viviamo e questo perché l’autismo non è una disabilità visibile, salvo che non vi sia un CP – comportamento-problema e dunque o non lo è o diviene motivo di “compassionevole compartecipazione”. A mia figlia, a Laura, non manca nulla dal punto di vista strutturale e motorio, fa attività fisica, ama la musica ed è appassionata della mitologia e della storia greco-romana tanto da conoscerne tutti gli aneddoti. Laura è autistica con la compromissione delle aree relazionali e del linguaggio: la società non è abituata ad osservare, ha troppa fretta di parlare e poca attenzione all’ascoltare e ad aspettare i tempi dell’altro, soprattutto se diverso. Non è pronta nella misura in cui ancora parcheggia negli stalli per disabili, e questa è una battaglia che sto conducendo in prima persona e in collaborazione con altre associazioni del territorio nazionale. Sono parole forti, lo so, ma anche condivise e comuni ad altre famiglie che vivono la nostra stessa realtà, a noi è vietata la “quotidianità della normalità” perché dobbiamo “progettare” sempre le nostre azioni ed i nostri spostamenti. Non è fondamentale istituire Giornate Mondiali perché non c’è nulla da festeggiare, la disabilità – ribadisce – non ha nulla di speciale, non ci sono “ragazzi speciali” ma “ragazzi con disturbi specifici”. Quando io non ci sarò più, come altre madri o altri padri, a sostenere e guidare Laura, la sua disabilità diventerà carico di una società che vuole dirsi “inclusiva” ma che non ne ha gli strumenti. Ecco, se la mia forza, la nostra forza può contribuire a formare la società affinché riconosca gli autistici e li collochi nella misura in cui riescano ad essere funzionali e contenibili nelle azioni e nei comportamenti, avrò fatto ciò che voglio fare, ciò che il coraggio di cui sono stata investita mi impone di fare con l’informazione e la formazione>>
Nasce da questa forza “Laura Coraggio”, il libro, edito da Book Sprint, che Mariarosaria Canzano pubblica nel 2020.
Laura Coraggio!: una storia in un libro. Mariarosaria ci dice che l’idea di raccontarsi e raccontare Laura in un libro nasce negli anni difficili dei ricoveri e della diagnosi, negli anni trascorsi tra l’Ospedale MEYER di Firenze e IRCCS FONDAZIONE STELLA MARIS di Pisa.
<< Nel libro racconto del “cambio di rotta” di Laura, di quando, ad un certo punto, colgo segnali di qualcosa che non va e decido di approfondire, di capire che cosa si sia “inceppato” nello sviluppo evolutivo di mia figlia. Dopo 24 giorni ricevo la diagnosi di autismo, posso dire che mia figlia è nata la prima volta il 13 settembre del 2003 per morire e rinascere nuovamente il 28 aprile del 2008. Rinasce una nuova Laura che non è più la bambina che giocava, che ballava, che andava all’asilo. E’ un’altra Laura. Il libro ha dato voce ad un bisogno e ad una necessità di trasformare la rabbia, il dolore, la paura ed il senso di inadeguatezza in forza e in coraggio, di dare un nome alle emozioni e di condividerle. Non a caso il titolo, Laura coraggio!, è esemplificativo ed è la voce di Laura che, dinanzi al mio pianto ed alla sua imminente risonanza con anestesia, nel corridoio dell’ospedale MEYER, mi guarda e mi dice “mamma, tu non devi piangere. Coraggio”. Lei da allora è la mia Laura Coraggio, è il motivo, è lo sprono che mi spinge a lottare e a “costruire” insieme ad altre famiglie una strada di luce e di impegno>>
Il libro si suddivide in due parti: una prima parte di natura scientifica in cui è spiegato la sindrome dell’autismo, l’importanza dell’attenzionare le prime fasi di vita del bambino/a e dunque della diagnosi, l’importanza di fare rete e di affidarsi ad una buona scuola. Nella seconda parte, invece, racconta la storia di Laura che, diviene, però, storia di tanti bambini e bambine, di tante famiglie che vivono la stessa realtà.
In questi 2 anni dalla pubblicazione del libro e di presentazioni, Mariarosaria ha avuto modo di portare un messaggio importante, di forza e di coraggio, ma soprattutto di tenacia e positività che non è non vedere la disabilità, ma conoscerla ed accoglierla.
<< Laura e il suo autismo, oggi, mi hanno reso una donna diversa, forte e maledettamente coraggiosa; la mamma che merita Laura come figlia e Laura la figlia che merita me come mamma>>
Saluto Mariarosaria e la ringrazio mentre colgo che la spiaggia è vicina ed il blu mare le attende entrambe per una giornata senz’altro imprevedibile ed inattesa.
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Filomena Cataldo