Elisa e Cristina sono amiche da sempre. 2 cappottini, 2 matrimoni, 2 storie: un sentimento che ha attraversato gli anni e le vicende umane di 2 donne che oggi, in occasione della “Giornata internazionale dell’amicizia, si raccontano e svelano i segreti di un rapporto che non teme “quotidianità” perche’ e’ collocato, saldo, nel cuore di entrambe. Ecco a voi le emozioni di Elisa Mariotti e Cristina Rigacci
Elisa Mariotti
Quando ogni tanto mi capita di pensare alla mia infanzia, l’immagine che mi passa davanti agli occhi è sempre la stessa: due bambine di tre anni o poco più, nascoste sotto un mezzo tubo di cemento colorato nel giardino dell’asilo, poco prima delle tre del pomeriggio.
Una intenta a raccontare una delle barzellette del famosissimo fantasma Formaggino con l’intenzione di far passare il solito mal di pancia all’amichetta, che ascolta senza perdere una sola parola detta e che, dopo qualche risata, si dimentica di aver mai avuto mal di pancia. Una entrante ed estroversa, l’altra sensibile e timida all’inverosimile.
Eravamo due facce della stessa medaglia Cristina e io, inseparabili nei nostri primi anni di vita. Poi un giorno, qualcosa è cambiato. A settembre saremmo andate in prima elementare e quell’estate Cristina era andata al mare, ma quando era tornata non era più la stessa. Di certo non era più la Cristina che conoscevo io. In vacanza era successo qualcosa, qualcosa che i grandi non volevano spiegarmi. Ma io la preoccupazione gliela leggevo in faccia, l’avevo capito benissimo che qualcosa di brutto era successo alla mia amica, anche se non ne conoscevo il nome. E poi era chiaro… dalla prima volta che la rividi, forse più di un mese dopo, capii subito che la Cristina che avevo di fronte era diversa da quella che avevo salutato prima delle vacanze: non correva più come prima, i giochi che facevamo prima di quel maledetto giorno adesso risultavano tutti più difficoltosi, il suo carattere era peggiorato, voleva ragione su qualunque cosa, a volte esplodeva in pianti per un nonnulla, o almeno a me così sembrava. Ma sapevo altrettanto bene che se avessi avuto pazienza, la mia amica l’avrei ritrovata. E così è stato. Gli anni passavano, la vita succedeva e noi, inevitabilmente, crescevamo. Abbiamo fatto asilo, elementari e medie insieme, siamo passate a Comunione e Cresima insieme.
Poi, come spesso succede, le nostre strade si sono un po’ divise, anche se abitando nello stesso paese non ci siamo mai perse davvero. La nostra in verità non è una di quelle amicizie in cui ci si sente tutti i giorni. Direi piuttosto che è una di quelle speciali dove basta una parola per sapere che l’altra c’è, che arriva, corre, si precipita. Abbiamo condiviso fin qui cose belle (siamo state testimoni di nozze l’una dell’altra, per dirne una) e cose brutte, ahimè. Ci siamo sempre state, sì, ma la volta in cui l’ho vista sdraiata su un letto della rianimazione lottare tra la vita e la morte mi sono ripromessa che, a parte gioie e dolori, da quel giorno la nostra amicizia si sarebbe alimentata anche di cose meno eclatanti.
Di aperitivi, cene, eventi e chiacchiere – e, perché no? la collaborazione nella redazione di un giornale online -, in pratica la versione adulta dei pomeriggi passati ad ascoltare musica o a parlare di quel mondo dove ognuna di noi doveva ancora trovare il proprio posto.
Cosa sento per lei? Oltre a volerle un gran bene – perché Cristina è tutto e il contrario di tutto, e a una così non si può non voler bene- nutro una grande stima nei suoi confronti. Con il tempo ho infatti capito che la sua tremenda testardaggine, difficile da gestire a volte, altro non è che un mix di grande coraggio e tanta, tanta forza di volontà, una ricetta potente senza la quale non avrebbe mai potuto superare le prove che la vita le ha messo davanti e senza cui, probabilmente, non sarebbe arrivata ad essere quello che è oggi: la Dottoressa Rigacci, una preparatissima psicologa e psicoterapeuta per l’infanzia e adolescenza. Anche se per me, mi pare ovvio, è e rimarrà sempre e solo Cri.
Cristina Rigacci
Dei miei primi 6 anni di vita (quelli prima che diventassi disabile) ho pochi ricordi. Di una cosa però sono certa: Elisa era una mia amica, la mia migliore amica e vivevamo nello stesso paesino alle porte di Siena. Con lei andavo all’asilo, a lei raccontavo le barzellette per farle passare il mal di pancia quando si nascondeva nel giardino dell’asilo perché aveva paura ed io forse più di lei…
Era sempre lei una delle poche con cui mi abbracciavo nel giardino antistante casa (con il cappotto entrambe rigorosamente rosso perché le nostre mamme era più fissate di noi!!). Anche dopo l’estate del 1985, quando sono tornata con un corpo nuovo e sofferente – e tutto ciò che è stato annesso e connesso alla mia malattia – abbiamo ripreso a fare esperienze a due.
Insieme ci siamo “sorbite” gli anni di catechismo con recite natalizie annesse dove ovviamente eravamo sempre a coppia (i due angioletti ai lati della capanna). Nella stessa classe sia alle elementari che alle medie, nel periodo superiori, abbiamo scelto scuole diverse pur continuando a prendere gli stessi autobus per raggiungere Siena dal nostro paesino.
Proprio nell’adolescenza e nella prima giovinezza, rimanendo ad abitare vicine, abbiamo avuto modo di continuare a vederci mentre le nostre vite iniziavano a delinearsi in maniera più soggettiva, autonoma e indipendente. Infatti, negli anni a seguire, non ci siamo vissute quotidianamente ma nonostante ciò è rimasta sempre invariata la certezza che c’eravamo l’una per l’altra a prescindere e a priori.
Siamo cresciute, ognuna di noi portava avanti la propria vita (anche lontano da quel paesino che ci aveva inizialmente unito) ma per i momenti più importanti eravamo, ovviamente, insieme. Ad esempio, nel momento del matrimonio siamo state l’una la testimone di nozze dell’altra e anche dopo il mio incidente del 2018, nei giorni terribili della prognosi riservata, so che ero in rianimazione e lei c’era. Proprio dopo quel periodo, senza neppure inizialmente dircelo, ci siamo trovate a vederci e sentirci di più.
Mi sono ripromessa che, se mai fossi tornata in piedi (come fortunatamente è successo) mi sarei concessa una diversa frequentazione delle mie amiche, Elisa in primis.
Chi è Elisa? Elisa è il fuoco dietro il vetro: una persona capace di apparire lucida, logica, concreta, razionale e determinata ma che dentro nasconde un’emotività ed una creatività di una forza e di una bellezza di non trascurabile entità.
Aspetti che tende a celare ma che poi lei stessa non può e non riesce a reprimere (direi menomale!!). Ma soprattutto Elisa è un messaggio di speranza: l’esemplificazione concreta di come si può “rimanere con i piedi per terra ma la mente nel sogno” (Crocetti, 2021). Lei è riuscita a vivere in terra ma continuando a perseguire anche il sogno. Infatti, se per accadimenti di vita o per motivi più pratici, ha portato avanti un determinato lavoro, una famiglia e tante cose utili per il quotidiano ben vivere, al momento opportuno si è data l’opportunità di concretizzare anche altro, quello, che, forse, quando era più giovincella, non ha potuto portare avanti.
Non a caso, al di là di tutti gli avvenimenti importanti della nostra vita in cui siamo state insieme, mi piace ricordare con orgoglio e gioia quando mi disse che aveva iniziato la scuola di scrittura creativa e che si stava cimentando nella pubblicazione di libri suoi. Dentro di me mi sono detta: “Evviva, la mia amica ha trovato la forza e strada per far viaggiare quel suo bellissimo mondo emotivo e creativo che ha sempre cercato di reprimere per priorità altre… finalmente ha dato modo a quel fuoco che è dentro di lei di andare oltre il vetro”.
Ovviamente alle presentazioni dei suoi libri (almeno alle prime) non sono mai mancata. Quando non ho potuto esserci fisicamente ho cercato un modo per farle sentire la mia vicinanza e soddisfazione. Mi commuovo ancora se penso alla prima in assoluto: quella del libro “Occhi negli occhi”. Mentre diceva che non era autobiografico io, dentro di me, sentivo il cuore stringersi perché sapevo bene che, al contrario, c’era molto di lei e del suo mondo in quel bellissimo racconto che, proprio lei, aveva abilmente celato e trasformato in una storia estremamente piacevole oltre che molto toccante. Ad oggi quel libro, tra i suoi, resta il mio preferito. Quando stava per uscire “La verità nello specchio ed altri racconti” mi ricordo che ci vedemmo in una pausa pranzo.
Con la mia “consueta grazia” (e il suo solito stupore a seguire) le chiesi: ora tu mi devi spiegare qual è la tua verità nascosta dietro lo specchio. La sua risposta – alla faccia sua che dice sempre, a ragion veduta, che non tengo un cecio in bocca – resterà un segreto. Così come segreto rimarrà il perché di questa nostra amicizia. Nata veramente presto, vissuta più o meno intensamente negli anni e che, nel tempo, si è modificata, evoluta e migliorata adattandosi a noi, ai nostri corpi e alle nostre vite. Grazie amica per esserci e per non aver mai smesso di farlo: non deve essere stato facile, ti ringrazio per il privilegio accordatomi.
Ma soprattutto grazie per l’esempio di donna che sei per me e per tante altre che spero, come hai saputo far te, si diano modo e tempo per continuare a dare sostanza e forma ai propri sogni.