Il “Dopo di Noi”: abbiamo deciso di approfondire il tema anche per il forte valore che esso assume per diverse realtà del terzo settore; comunque, per tutte quelle che si confrontano quotidianamente con la disabilita’. Per ora alcune considerazioni psicologiche e pedagogiche grazie a Cristina Rigacci
In una suggestiva metafora Crocetti (2022) descrive “il viaggio” con una malattia (o con la morte) come un viaggio nella notte che pertanto può risultare più difficile e tormentato. Vero è, prosegue l’autore, che dopo la notte c’è sempre l’alba.
È lecito, tuttavia, quando si parla di disabilità, chiedersi quale alba possono vedere o sperare di vedere i genitori di ragazzi con una disabilità cronica. Del resto, per quante speranze una persona possa coltivare l’incontro con lo sguardo del disabile frantuma traumaticamente le sottili certezze del cosidetto normale “il nome che crede di darsi”.
L’ingovernabilità dell’inguaribile scuote, agita il nostro sonno, distoglie i nostri sguardi. Qualcosa di mostruoso irrompe e squarcia il velo, tanto rassicurante quanto effimero, dietro a cui crediamo di proteggerci […]
Nell’handicap la vulnerabilità si rafforza congelata e radicalizzata, sembra coprire l’essere del soggetto. Per questo motivo essa diventa una sorta di richiamo, capace di scuotere il sonno della nostra normalità.» (Veri, 2019, p.23 e 24).
Oggi, fortunatamente, grazie ai progressi fatti sia in campo scientifico psico-pedagogico nonché giuridico si stanno delineando nuove prospettive e aprendo nuovi scenari che – se non potranno cancellare l’angoscia di certi genitori di fronte alla finitudine propria o del loro figlio – almeno ci danno una speranza più concreta e fattibile. Il mio riferimento, nello specifico, in questo caso, è a tutte quelle esperienze che rientrano nel vasto campo del “Dopo di noi”.
Come riportato da Giaconi et al. (2020) essa introduce il sostegno e l’assistenza alle persone con disabilità grave e rientra nella definizione di un Welfare State moderno. Coniugando incentivi fiscali e strumenti di gestione economico-finanziaria con la gestione compartecipata di regioni, enti locali e organismi del terzo settore, questo nuovo programma fornisce la possibilità di garantire alle persone disabili gli interventi innovativi di residenzialità che siano in grado di riprodurre, oltre l’orizzonte di vita dei propri familiari, le condizioni abitative e relazionali della casa d’origine.
Tutto ciò appare particolarmente importante affinchè non accada quanto documentato da molti autori cioè che le persone con disabilità e le loro famiglie vengono lasciate senza aiuto in una prospettiva di futuro dove la qualità di vita dell’adulto disabile svanisce a causa di un diffuso atteggiamento orientato alla predestinazione (Beadle-Brown et al., 2016; Ianes, 2007; Maes et al., 2007; Pesci, 2009).
Da un punto di vista più concreto e applicativo per far si che i progetti del “Dopo di noi” si attuino nel modo migliore è importante pensare che il disabile, anche se anziano, non va ridotto ad un “oggetto di azioni” ma visto come un “soggetto di rel-azioni” quindi calibrare l’intervento psico-pedagogico sulla nuova condizione esistenziale di quella persona che seppur disabile, non può e non deve essere vista come un eterno fanciullo ma come un essere umano avente, come tutti, il suo passato, il suo presente e il suo futuro dove, in quest’ultimo, particolare attenzione deve essere prestata al declino che, inevitabilmente c’è (Sacconi, 2019).
L’operatore che opera in questi contesti dovrebbe ricordare, inoltre, che l’assistenza -continua Sacconi (2019, p. 93) – deve essere «“ragionata”: che faccia i conti quotidianamente con i cambiamenti fisici, volitivi e psichici del proprio paziente che si interessi al suo stato di salute, che preveda una disponibilità maggiore a farsi carico dei bisogni (anche fisiologici) del disabile, che sia capace di metter su una “istituzione gentile”, un luogo, cioè, nel quale la vulnerabilità del paziente può incontrare un tipo di approccio che mette la costruzione di una buona relazione al primo piano, lasciando che il tecnicismo della pratica scivoli sullo sfondo».
Quindi, essenziale, in questa direzione, è il lavoro di rete che può essere condotto tra territorio, enti, istituzioni, famiglie e il coinvolgimento diretto delle stesse persone con disabilità, affinché si concretizzino azioni in grado di sostenere un futuro che possa essere immaginato, possibile (Ianes & Cramerotti, 2007) e progettato nel tempo (Montobbio & Lepri, 2000).
Fortunatamente anche nel territorio senese sono state fatte e stanno continuando a nascere progetti pensati in quest’ottica di una bellezza a mio parere non trascurabile.
Cristina Rigacci: Psicologo e Psicoterapeuta, è disabile da quando aveva sei anni. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali.
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