La Penny Wirton di Siena nasce da un sogno. Il 30 marzo 2017 Eraldo Affinati presentava a Siena, presso la libreria Mondadori, il suo ultimo libro L’uomo del futuro, un saggio-biografia su Don Lorenzo Milani, di cui ricorreva allora il 50esimo anniversario della morte e dell’uscita della Lettera a una professoressa.
Un filo rosso percorreva tutto quel libro: la Barbiana di Don Milani e le Barbiane di oggi, lontane, vicine e vicinissime a noi. Immigrati, rifugiati, profughi, extracomunitari di tutte le età, adulti, bambini che solo passando attraverso l’apprendimento della parola, della lingua, possono sperare di riscattare l’emarginazione in cui versano sono la Barbiana che vive accanto a noi oggi, che ci interpella da vicino.
Per rispondere a questo appello Eraldo Affinati e sua moglie Anna Luce Lenzi dal 2008 si sono fatti pionieri, a Roma, di un’esperienza che pareva utopia ed ha superato l’immaginazione dei fondatori: una scuola di lingua italiana, completamente basata sul volontariato, in cui ogni allievo ( moldavo, afghano, marocchino, cingalese, ucraino, cinese, pakistano, …) è seguito dal suo ‘maestro’.
Un rapporto uno a uno, perché si apprende la lingua se si instaura una relazione. Questa è la Penny Wirton.
Quando in quel pomeriggio del 2017 Affinati ci ha raccontato la sua storia, gli sguardi di alcuni di noi si sono incontrati: anche a Siena si poteva fare qualcosa del genere. Un anno di riunioni, di incontri con associazioni che si occupano di accoglienza nel territorio, di richieste di una sede gratuita in cui lavorare, di progetti, di dubbi, di speranza e tenacia.
Poi qualche porta si apre, la Misericordia ci concede uno spazio gratuito, ma noi maestri volontari siamo poco più delle dita di una mano e il numero di allievi richiedenti è ben superiore fin da subito. Partiamo così, nell’ottobre 2018, con una lezione di due ore in via del Porrione tutti i giovedì pomeriggio: la lezione non è mai ‘uno a uno’, ma la scuola è nata.
Nel tempo il numero dei volontari è lievitato, siamo diventati un bel gruppo, le provenienze e le età sono molto diverse, come quelle dei nostri studenti del resto. Abbiamo attraversato il Covid, le lezioni a distanza, lo smantellamento del sistema di accoglienza e integrazione dei nostri governanti. Grazie a un paio di Dirigenti illuminati, le nostre lezioni ora si svolgono non più solo nei locali della Misericordia (martedì mattina e giovedì pomeriggio), ma anche il lunedì al Liceo Galilei e il mercoledì al Liceo Piccolomini.
Gli studenti del triennio delle scuole senesi possono, se i loro insegnanti lo scelgono, fare l’esperienza del PCTO presso di noi, ovvero diventare insegnanti di lingua dei loro coetanei extracomunitari.
Lunedì 25 settembre, c’è stata presso i locali della Misericordia, Strada del Mandorlo, 3, una splendida festa di apertura di questo nuovo anno di lezioni, di cui il “nostro” Stefano ha scritto le impressioni allegate al volantino.
Si arriva per strade vecchie di secoli, strette tra muri che impediscono allo sguardo di spaziare, ma quando arrivi alla mèta quel digiuno della vista rende ancora più maestoso il panorama sulla campagna e sul monte Amiata, azzurrino all’orizzonte, laggiù verso sud.
Vabbè dai, bisogna preparare per la presentazione e apparecchiare per il rinfresco.
C’è tutto… piatti, bicchieri, Bea ha portato pure la tovaglia di stoffa e i registri di Maria e gli elenchi degli insegnati e degli allievi, non manca niente.
La sala predisposta per l’incontro è bella da fare invidia.
Piano piano arrivano i volontari, vecchi e nuovi. Molti portano altre cose da bere e da mangiare, tutti il piacere di trovarsi, di ritrovarsi o anche solo di conoscersi. Piacere… Piacere… Ciao, come stai? Maria, ma che bella maglietta. Eh sì, è davvero carina, anche il colore è bello. Dobbiamo trovarle per tutti.
L’incontro non è ancora cominciato, ma già si parla dell’organizzazione delle lezioni, dei problemi logistici, di ciò che è possibile stabilire fin da subito e quello che potrà essere in futuro. I locali della Misericordia in via del Paradiso, il Galilei, il Piccolomini per adesso… forse in futuro il Sarrocchi, vabbè vedremo.
Si parla in piedi, come se ci fosse un’urgenza e in fondo è proprio così, il bisogno di far presto c’è davvero, le cose da dire sono tante, quelle da fare ancora di più. E allora si saltano i preamboli non si parla del caldo, del freddo, che è già entrato l’autunno, che tra poco ci dovremo rimettere il cappotto (solo un pensiero all’umidità dei fondi di via del Paradiso, che fa selezione darwiniana su docenti e discenti) e ci si concentra subito sulle cose concrete. C’è la consapevolezza che stiamo facendo insieme qualcosa di importante, ma con leggerezza, con il sorriso sulle labbra.
Il tavolo su cui è posata la tovaglia di Bea è ormai stracolmo di pizze, ciaccini, tramezzini, dolci e bibite… Però le sedici si avvicinano e manca qualcosa o meglio qualcuno.
Ci sono solo tre signore che prendono posto nelle prime file, ma il grosso dei ragazzi non c’è ancora. Non si può cominciare con solo tre allievi.
Ecco dove si erano nascosti! Noi aspettavamo dentro e loro aspettavano fuori, sulle scale davanti al Mandorlo. Aspettavano in branco, chissà se in attesa di un cenno o timorosi di cominciare o riprendere la scuola. Perché a settembre c’è sempre stato in tutti i bambini e anche nei ragazzi un sentimento ondivago, indeciso tra la libertà e la quasi noia delle lunghe vacanze e il desiderio di rivedere i compagni lasciati all’inizio dell’estate, desiderio questo appena offuscato dalla presenza di alcuni insegnanti (nessuno di noi è nella lista).
Forza ragazzi, è già tutto pronto. Entrate!
Prendono posto e la sala è finalmente piena, se non lo è completamente è perché è davvero enorme (che invidia), ci saranno almeno cinquanta persone tra volontari e allievi.
Fare gli onori di casa è un onore che spetta a Fabio. Poi Maria e Giulia, molto più tecnologiche di Fabio (vabbè e che ce vo’), proiettano le immagini e anche il video presentato dalla scuola di Siena durante l’incontro di tutte le Penny Wirton a Roma. Si vedono le immagini dei ragazzi che parlano del loro concetto ed esperienza del “rischio”. Purtroppo l’audio non c’è. Ma a questo rimedia Orang che ci mette la voce e legge in diretta il suo messaggio. Ed è una botta, anche per chi conosce Orang e l’aveva già sentito raccontare la sua storia, è una botta. Perché sembra impossibile concentrare nei loro pochi anni esperienze così intense.
Molti di loro hanno vissuto storie simili, anche se per ognuno l’esperienza è unica, dura e certe volte lacerante, e forse per questo spesso rimane nella loro anima, raccontare e raccontarsi è un passo maledettamente faticoso. Varrebbe la pena scriverle in un libro, tutte queste storie, quelle che ci hanno raccontato e quelle che a malapena si riescono a intuire. Ma qualcuno l’ha già fatto, è già stato scritto tanto e la quantità forse non serve. O forse sì. Magari, se vorranno, questi ragazzi la propria storia potranno scriverla loro… tra venti o trent’anni, quando saranno adulti e avranno i loro figli da crescere. E c’è da augurarsi che la scrivano in italiano, con i congiuntivi giusti.
Il calendario dei primi incontri si materializza sullo schermo.
Fotografate l’orario e venite alle lezioni. Mi raccomando.
Il dottor Paolo, provveditore della Misericordia di Siena, fa gli onori di casa e dà il benvenuto ai ragazzi e ai volontari.
E poi arriva Antonio e il suo flauto… il suo meraviglioso flauto. Spero che i ragazzi abbiano gradito, la musica è universale, ma la moda e gli stereotipi bussano con bassi da sfondare le casse e poco più.
Bello sarebbe se qualche lacrima fosse scivolata con “E lucevan le stelle” dalla Tosca di Puccini, o che qualcuno si mettesse a girare come un derviscio nel labirinto del Bolero di Ravel. Nessuna lacrima e nessun derviscio, pazienza.
Grazie Antonio.
Alla fine si mangia.
Chissà perché i ragazzi mangiano meno dei docenti, oppure i docenti mangiano più dei ragazzi, il punto di vista cambia sempre la prospettiva.
Matiullah chiede, Ma c’è alcol prof? indicando timoroso una bottiglia di aranciata amara. No Mati, sono tutte senza alcol. Solo questo, il prosecco, è alcolico. Questo non devi berlo, ma con gli altri vai tranquillo.
Poi ci sarebbe da trovare la casa per quei ragazzi che sono ormai maggiorenni e vengono mandati via dalle case di accoglienza.
Problemi enormi, c’è da mettere insieme tanto sapere, tanta conoscenza, tanta sensibilità.
Proviamo un passo alla volta, piccoli, complicati, alcune volte incerti, ma sempre uno dietro l’altro, per andare avanti, per rimanere in piedi”
Grazie a tutti i volontari, storici, recenti e futuri che consentono al sogno di farsi realtà.
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Cinzia Anselmi