Approfondimento sulla “Giornata Mondiale della Gentilezza” che si celebra oggi. Il reale senso di essere gentili

“Le parole gentili sono brevi e facili da dire, ma la loro eco è eterna.”

(Madre Teresa)

“Grazie per la tua gentilezza!!” “Oh.. quanto sei gentile…” sono frasi che ricorrono spesso anche nel nostro comune parlare quotidiano. In questo giorno dedicato proprio alla gentilezza mi sono domandata cosa significa davvero essere gentili? Cosa si cela dietro a questo appellativo (o modus operandi) spesso fin troppo utilizzato.

Come spesso accade le cose apparentemente più semplici se “scavate bene” non sono poi così tali o, perlomeno, nascondono aspetti davvero curiosi oltre che molto significativi.

Innanzitutto la gentilezza è un attitudine fondamentale per l’essere umano. Capace di rinsaldare i legami sociali, è un atteggiamento che ha molti risvolti positivi sul benessere psicofisico (Santiago, 2023) ma come ben spiegato da Phillips, Taylor & Guardian (2009) in pochi si chiedono perché tendiamo a essere gentili con gli altri e perché la generosità ci sembra importante. Di solito sappiamo cosa fare per essere gentili e ci accorgiamo quando qualcuno è gentile con noi. Ma la gentilezza ci fa sentire profondamente a disagio. Eppure è la cosa che ci manca di più.

Come riportato da Fazio (2023) quando le persone parlano di gentilezza, spesso citano l’essere generosi e l’aiutare gli altri senza aspettarsi nulla in cambio. Parlano di empatia compassione, cura perché l’essere gentili incoraggia in noi una comprensione profonda ed accurata di cosa una persona sta vivendo e del modo per essere di aiuto.

Entrando nello specifico, oggi il termine “gentilezza” abbraccia una gamma di sentimenti descritti con parole diverse: solidarietà, generosità, altruismo, benevolenza, umanità, compassione, pietà, empatia. E, se i significati precisi sono mutati negli anni e nei secoli, da un’analisi storico-sociale appare evidente che comunque tutti quanti rimandano a quello che in epoca vittoriana si chiamava un “cuore aperto”, cioè essere bendisposti verso gli altri (Phillips, Taylor & Guardian, 2009). Quindi la gentilezza riflette dunque una particolare sensibilità per gli altri, oltre che per se stessi: è un atteggiamento premuroso nei confronti della vita, che crea significato e scopi. Implica una profonda preoccupazione (e compassione) sia per gli altri che per se stessi e, quindi, in quanto tale, riflette un apprezzamento della dignità di ogni essere vivente. Implica anche una comprensione genuina della preziosità di ogni vita nella sua unicità. (Malti, 2020).

“La gentilezza nelle parole crea fiducia. La gentilezza nel pensare crea profondità. La gentilezza nel dare crea amore” (Lao-Tzu)

Come ben sintetizzato da Pharma (2022) la gentilezza richiama l’altruismo e l’altruismo richiama la cooperazione quindi il connetterci con gli altri attraverso atti gentili ci consente di soddisfare i nostri bisogni psicologici di base di relazione e appartenenza con una inevitabile ricaduta positiva, – proprio per questi aspetti – a livello sociale e personale. Dunque, sostiene l’autrice “La gentilezza non solo fa bene, ma ci fa anche bene. Compiere atti di gentilezza può aumentare la soddisfazione per la vita, l’umore positivo e l’accettazione da parte dei pari”

Non a caso, moltissimi studi, anche a livello internazionale, hanno dimostrato come l’essere gentile ha un impatto positivo sul benessere psichico (Rowland & Curry, 2019), su quello fisico (Kim & Konrath, 2016) e, persino, nell’espressione genica associata a un profilo immunitario più sano (Nelson Coffey et al. 2017). Ma….Del resto già Winnicott, nel 1970, metteva in relazione il benessere del bambino e dell’adulto con “la capacità di entrare nei pensieri, nei sentimenti, nelle speranze e nelle paure di un’altra persona. E di concedere a un’altra persona di fare lo stesso con noi”.

“Questa è la mia semplice religione Non c’è bisogno di Templi non c’è bisogno di filosofie complicate. La nostra stessa mente, il nostro stesso cuore è il nostro tempio; la filosofia è la gentilezza” (Dalai Lama) 

Cristina Rigacci 

Psicologo e Psicoterapeuta. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali. 

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