“Siena un laboratorio vivente per lo studio delle relazioni con l’altro” così scrive Cigoli (1997) nelle primissime righe di una memorabile introduzione ad un libro di Serge Moscovicì.
Relazioni ed incontro con l’altro che si rinnovano e si concretizzano in tutti i rituali connessi al Palio e alla vita di contrada. Aspetti che poi, vanno a radicarsi in un senso di appartenenza che diventa a sua volta parte integrante dell’identità di ciascuno di noi senesi.
C’è in gioco, mi permetto di azzardare, parte del nostro sé identitario! Infatti noi non tifiamo ma “Siamo” e, proprio in questo nostro essere è possibile trovare e ritrovare il più profondo senso di radicamento e, appunto, appartenenza al territorio e alla nostra storia.
Tant’è che a Siena, il palio come tutto ciò che ad esso è connesso, non si rappresenta, non si ricicla una festa o delle tradizioni bensì si riattualizza qualcosa che ci identifica e che, appunto, fa parte del nostro essere. (Ibidem, 1997).
Se pensiamo all’evocazione – meccanismo psichico (tipico soprattutto dell’anziano) attraverso cui riportiamo alla mente esperienze e i codici valoriali profondi per poi collocarli in chi ci ascolta (Crocetti, 2023) – mi viene quasi da pensare che tutti noi qua, nel nostro territorio, siamo vittime e poi artefici di evocazioni che permettono proprio il non disperdersi di quei codici valoriali alla base dell’essere contradaioli e del nostro comportarci in linea con ciò.
E’ un qualcosa che mi verrebbe da definire intergenerazionale: la prima maggiormente presa dal ricordo e dal racconto, quella nel mezzo intenta a dare spazio alle tradizioni e l’ultima più coinvolta nell’esplorazione di ciò che viene ricordato e poi sempre mantenuto. Del resto chi non conosce la canzone “Suona suona campanina”? E non l’abbiamo studiata sui libri di storia: l’abbiamo imparata vivendola nell’ascolto dell’altro e in relazione ad esso!!
E visto che si parla di campanine ecco a voi Santa Lucia…. Nello specifico di Santa Lucia mi viene da soffermare la mia attenzione sul suo valore simbolico legato anche al richiamo della buona sorte mediante il suono della campana…..
Quindi se penso al significato di retrogressione (Crocetti & Vianello, 2021) mi viene da ipotizzare che quella di Santa Lucia potrebbe essere vista e considerata come una sorta di retrogressione sana consapevole ma soprattutto comunitaria e collettiva.
Infatti durante la festa vengono riattualizzate esperienze passate che evocano la stessa area esperienziale del presente mediante comportamenti congrui più a ciò che è stato rispetto a ciò che è.
Oggi, infatti siamo consapevoli che forse non è necessario o sufficiente suonare la campana per attirare quella luce che è segno di buona sorte ma lo facciamo lo stesso perché così era e noi lo rifacciamo esattamente come era. Ma ciò non mi stupisce perché siamo parte di una cultura e noi sappiamo (Crespi, 1996) che, proprio il concetto di cultura vanta due dimensioni: la prima, descrittiva e cognitiva, riguarda “le credenze e le rappresentazioni sociali della realtà naturale e sociale, ovvero le immagini del mondo e della vita, che contribuiscono a spiegare e definire le identità individuali, le unità sociali, i fenomeni naturali”; la seconda, prescrittiva “in quanto insieme di valori, che indicano le mete ideali da perseguire, e di norme (modelli di agire, definizione dei ruoli, regole, principi morali, leggi giuridiche, ecc.) che indicano il modo in cui gli individui e le collettività devono comportarsi” (Crespi 1996, p.4).
Del resto, già Meltzer (1980) parlava di tempo oggettivo (quello dell’orologio cronologicamente determinato) e di un tempo soggettivo che è quello dei vissuti interni quindi di una quarta dimensione del tempo nella quale ognuno di noi, è inglobato e che è costituita da una percezione soggettiva e da una realtà oggettiva.
E oggi per tanti di noi credo un po’ sarà questo: più o meno consapevoli che oggettivamente le campanine non ci serviranno per la buona sorte cercheremo di suonarle ugualmente perché fa parte della nostra cultura e nel nostro tempo soggettivo e questa realtà esiste e certo non va discriminata o disprezzata ma accolta come una parte di noi e di quello che siamo!! Che poi… chi lo dice che la fortuna non arrivi davvero??
Cristina Rigacci
Psicologo e Psicoterapeuta. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali.