«In mezzo al sole è la luce, in mezzo alla luce è la verità, in mezzo alla verità è l’Essere imperituro»
(Estratto dagli antichi Veda)
Il punto di vista della psicologa
Ormai ci siamo. E’ Natale. Il presepe è fatto, l’albero pure, tanti addobbi ormai da giorni adornano case e negozi e molte luci scintillano non solo negli ambienti domestici o lavorativi ma anche come nei luoghi di interesse pubblico e di rilevanza cittadina.
Partendo dal presupposto che, proprio per tutti questi elementi e i significati loro sottesi, il Natale è la festa dell’anno forse più ricca di elementi e spunti di riflessione per noi psicologici (Sepe, 2023); personalmente, oggi vorrei soffermare la mia attenzione sulle luci.
Il mio studio è pochi metri da Piazza del Campo e anche io non ho potuto non ammirare, come tutti gli anni, il modo in cui anche il nostro Palazzo Pubblico è stato illuminato a festa.
Che piaccia o no poi è, comunque, un qualcosa che ha destato attenzione non solo a me.
Come spiegato dal Cordis (2023) fu Edward Johnson, inventore americano e socio in affari di Thomas Edison, a presentare al mondo per la prima volta le luci natalizie nel 1882.
La scienza spiega perché queste luci ci rendano felici: creano un cambiamento neurologico che può generare felicità implementando il livello di dopamina, un ormone legato al benessere.
Inoltre l’esposizione alle decorazioni natalizie ci fanno apparire più amichevoli e cordiali agli occhi dei nostri vicini comunicando attaccamento ed una maggiore propensione ad integrarsi nelle attività sociali del quartiere (Werner, Lewis & Brown, 1989).
Ma se si parla di Luci non si può non far riferimento all’archetipo della luce (Jung, 1934) e a tutto ciò che esso rappresenta e alla sua potenza: esso è collegato alla nascita, alla rinascita e all’inizio. Luce e tenebra, notte e giorno, veglia e sonno. La vita è possibile solo dove c’è luce.
Per usare le storiche e memorabili parole dell’autore (Jung, 2013) la “luce è l’equivalente simbolico della coscienza, e la natura della coscienza viene espressa da analogie con la luce” – e ancora – “le metafore da noi utilizzate per spiegare l’essenza della coscienza sono analogie tratte dal mondo della luce e della visione”.
Quindi la luce, che è strettamente legata alla conoscenza, veicola l’informazione, la luce rischiara l’oscurità, la luce illumina l’ignoto, e questo illuminare produce il poter guardare per vedere rinnovando e creando proprio nuove conoscenze su di noi e sugli altri (Trevi & Romano, 2008).
Detto altrimenti (Mezzanotte, 2017) Le luci rappresentano alcune energie emotive che ci permettono di relazionarci con l’altro quindi di compiere quel percorso verso la dimora dell’anima: la luce consegna l’essere all’Altro, togliendo parte di esso alle sue tenebre.
Quindi, in base a quanto detto è legittimo pensare che se esistono diversi tipi/livelli/qualità di coscienza, possono esistere in modo analogo anche vari tipi di luce e diversi modi per arrivare a svariate conoscenze (Casale, 2017).
E tornando alle luci di Natale? Personalmente non so se e a quale forma di coscienza si attivi e a quali conoscenze possano portare. Certo è che, se potranno servire anche solo ad una persona per star meglio, per conoscere più nel dettaglio qualcosa di sé o degli altri che ben vengano in ogni sua forma o declinazione. Del resto…..
«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario» (Primo Levi)
“Accendere una lampada e sparire –
questo fanno i poeti –
ma le scintille che hanno ravvivato –
se vivida è la luce
durano come soli –
ogni età una lente
che dissemina
la loro circonferenza”
(Emily Dickinson)
Cristina Rigacci
(psicologa e psicoterapeuta)