Un'immagine tratta dalla pagina Facebook di QuaViO odv

Venti storie in concorso: di queste, mi ha subito colpito la loro unicità e specialità. Sono le storie che si potranno votare per il premio “Sienasociale.it storia dell’anno 2023”: sarà consegnato al protagonista della storia che avrà ricevuto più voti da parte dei nostri lettori.

Pensandoci bene, ho capito che in tutte c’era tanto e molto di più: una sorta di “fil rouge” che in qualche modo scorre in ognuna di loro legandole l’una all’altra nel rispetto della loro solo apparente diversità. Provo a spiegarmi meglio.

Innanzitutto mi sono tornate in mente le parole che proprio quella mattina avevo sentito durante un incontro con il Professor Crocetti. Lui aveva chiosato certe riflessioni sulla dignità dell’uomo e il senso di certi comportamenti con la frase “Ognuna, nella propria vita, è e fa la sua Storia”. E i protagonisti delle storie che stavo rileggendo mi parlavano proprio di questo.

Si potrebbero definire resilienti, generose ma, forse, guardando ancora più profondamente, mi viene da dire che sono persone che hanno scelto, e poi fatto, a partire da propri vissuti esperienziali profondamente impattanti, una loro nuova storia dando un nuovo senso al dolore vissuto o sperimentato (a contatto con chi ne aveva bisogno).

E se la ricerca di senso, che ha a che fare con l’ideale dell’Io, è uno degli aspetti caratterizzanti la nostra base identitaria (Crocetti & Stegher, 2020) mi viene da azzardare l’idea che i protagonisti delle venti storie siano proprio persone che hanno compiuto, più o meno consciamente, un lavoro su se stesse arrivando a modificare la parte centrale della loro identità quindi del loro agire scrivendo, loro per prime, una loro storia ben diversa da come, forse, sarebbe stata senza quel dolore vissuto, più o meno direttamente, sulla propria pelle.

Un po’ come canta il mitico Vasco Rossi “Voglio trovare un senso a questa storia,….Anche se questa storia un senso non ce l’ha….Sai che cosa penso….Che se non ha un senso….Domani è un altro giorno, arriverà”; l’esempio che ci offrono le nostre storie è, a mio modestissimo parere, un po’ questo: si può trovare un senso anche quando questo sembra non esserci perché, nonostante le cose brutte, il domani c’è sempre.

Inoltre, ed in virtù di quanto sopra, credo sia possibile affermare che tutte le venti storie parlano di gesti d’amore portati avanti con rispetto e, soprattutto, in silenzio senza quel clamore che è più tipico del sensazionalismo e della pubblicità che dell’altruismo vero e proprio che invece, caratterizza, almeno a mio parere, ciascuna delle venti storie in concorso.

L’altruismo, già citato da Freud (1936) – che lo considerava una sorta di istinto sociale o “istinto di comunità” che spingeva le persone a cercare il benessere degli altri – è stato oggetto di numerosissimi studi. Molti tra sociologi, psicologi e biologi ne hanno parlato e continuano a farlo con un generale consenso sul fatto che l’altruista è colui che disinteressatamente pone il bene altrui come fine delle proprie azioni (Treccani, 2023).

Ecco senza ombra di dubbio – e qui mi concedo di usare l’imperativo categorico – i protagonisti delle venti storie sono anche, e soprattutto, delle persone altruiste!! Fosse anche per il solo fatto che hanno deciso e voluto raccontare a noi parte di quella sofferenza vissuta a livello familiare o personale (nel loro operato di volontari).

In conclusione sapete cosa penso? Mi viene in mente una riflessione del mitico Pasolini – “Qual è la vera vittoria, quella che fa battere le mani o batteri i cuori?” – e pertanto credo che, a prescindere dalla storia che riceverà il maggior numero di voti, tutti abbiano già vinto (e noi della redazione con loro) perché, a tutti, un po’ il cuore è battuto davvero.

Cristina Rigacci

(psicologa e psicoterapeuta)

ecco come votare

“Storia dell’anno 2023”: vota la tua preferita

 

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