Pubblichiamo le parole dell’Oncologa esperta in cure palliative Denise Vacca. 

In questi giorni divento operatrice palliativista maggiorenne. 18 anni fa iniziavo la mia dolce amara avventura nella medicina che non guarisce ma cura.

Mi calavo nell’intensita’ e nella complessità dei mille bisogni di chi vive una malattia evolutiva e inguaribile.

Non salviamo le persone. Cerchiamo di salvare situazioni. Certe volte usciamo un po’ graffiati perché è come quando sul ciglio di un burrone ci distendiamo per tenere il braccio di qualcuno che sta per precipitare. Lo teniamo per dimostrare che anche nel non modificabile della morte si può star meglio: spesso in un letto di casa non anonimo, senza dolore o agitazione, nausea o altri disturbi fisici.

Si può stare meno soli e nutrirsi di qualche risposta sul perché tutto sta succedendo così, e così in fretta. I graffi sono più estesi talora quando la presa di quel braccio è breve, quando il tempo necessario per prenderci cura dell’ammalato e dei familiari dura poche ore o poche telefonate durante le quali fai una corsa contro il tempo per illuminare le vite che si spengono, per perseguire una buona qualità di vita e di morte e per gettare le basi per un ‘dopo’ di chi resta non ‘rose e fiori’ ma neppure lutti non risolti e angosce senza fine.

E capisci le differenze tra il tempo che scorre ed il tempo che si vive.
18 anni durante i quali ho compreso che tutto ‘dipende’: dall’educazione, dalla cultura, dal carattere, dalla morale, dalla spiritualita’, dal retaggio esperienziale, dal contesto sociale ed economico, dalle situazioni.

Ho imparato che tutto dipende dall’altro: dal suo concetto di senso e di dignità, dalla possibilità di scegliere, dalla sua scala di valori, dalla sua concezione di qualità di vita e quindi di posto nel mondo. Ed il ‘dipende’ fa rima con la ‘tolleranza’ verso l’altro essere umano, diverso da me, da guardare e assistere senza pregiudizi e sovrastrutture.

In questo compleanno ringrazio il mio Maestro Marco che ha riconosciuto come un talent scout il mio potenziale di fare tabula rasa di quasi tutto il mio bagaglio di studi medici per diventare spugna insoddisfatta di sapere, saper essere, saper fare e… saper dare. E non mi basta mai, inaccontentabile insoddisfatta di acquisire sempre maggior conoscenze ed esperienza coi miei simili anche in situazioni spiacevoli, che resteranno spiacevoli ma al fine di renderle più tollerabili.

In un mondo spesso stonato, dove è frequente perdere la percezione del limite umano, provo a scrivere note per brani armonici da mettere come sottofondo mentre tengo forte la presa di quel braccio in un burrone.

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