Non ci sono regole di architettura in un castello tra le nuvole.
GK Chesterton
Da qualche tempo tutti noi di sienasociale.it siamo stati “catturati” dal fascino di alcune foto di nuvole che sembravano avere la sagoma di cavalli o altre forme a noi care. Strano?
Assolutamente no. Tutt’altro: tutti noi siamo portati a classificare una forma vaga ed imprecisa come familiare e chiaramente distinguibile dallo sfondo (Tagliente, 2023). Questo fenomeno è così diffuso e tipico dell’uomo da essere stato oggetto di numerosi studi.
Proprio grazie a questi oggi possiamo parlare di pareidolia, un tipo straordinario di illusione percettiva, che consiste nell’interpretare uno stimolo di per sé vago e confuso, sia esso visivo o sonoro, in maniera chiara e riconoscibile e gli esempi migliori di pareidolia possono essere un elefante scorto in una nuvola o un personaggio biblico visto in una macchia di umidità sul muro. (Capuano, 2011).
Stando a quanto riportato da Fernandez (2023) la pareidolia è un fenomeno neuropsicologico per il quale il cervello è in grado di organizzare schemi di luci e ombre e, con tutte le informazioni visive che riceve, descrive un’altra immagine. Infatti, il cervello umano è progettato per organizzare informazioni adattative all’ambiente: vedere le figure, adattarle e dar loro forma è una funzione cerebrale dell’organizzazione visiva adattiva.
Ma al di là del fenomeno pareidolia e concezioni, a mio avviso, troppo tecniche come scrivono Kelen e coll (2008) la nuvola, nel nostro paesaggio psichico, può essere un simbolo naturale dell’esistenza umana come pochi altri.
Inoltre, in quanto luogo di origine di fulmini, tuoni e pioggia simbolicamente possono andare a rappresentare il luogo dove avvengono i processi naturali e dinamici di trasformazione della psiche.
Sempre con riferimento al simbolismo delle nuvole è noto che da un punto di vista antropologico, in Occidente, le nuvole sono quasi sempre il simbolo di un velo mentre in molte filosofie orientali è diffusa la metafora che associa le nuvole ai pensieri. L’origine non è certa e precisa ma la spiegazione più plausibile è dovuta al fatto che l’atto stesso di alzare gli occhi al cielo porta ad un momento di contemplazione che può diventare meditazione. Le nuvole ed il cielo, quindi, vengono elaborati nel nostro interiore fatto di diversi pensieri, emozioni, sentimenti, silenzi e piccoli spazi di vuoto (Argiroffo, 2023).
Proprio il cielo più in generale, che sia con le nuvole o senza, può anche spaventarci: la sua grandiosità e la sua intoccabilità ci rubano la nostra sicurezza terrena mentre invece quello che dovremmo ricordare è che proprio il cielo con i suoi elementi l’elemento che può unirci e farci sentire uniti: in verità il cielo che guardiamo noi, la luna, le stelle, sono gli stessi elementi che possono osservare i nostri vicini, i nostri amici, le persone sconosciute e quelle che vivono lontane da noi (Bernabè, 2016).
Le anime attraversano le età come le nuvole i cieli (…) Chissà chi soffia le nuvole e chissà come sarà la mia anima domani?
(tratto dal romanzo Cloud Atlas)
Cristina Rigacci
(Psicologa e Psicoterapeuta)