Nelle ultime settimane tutta la nostra redazione è stata concorde nel dare spazio e visibilità a foto o pensieri provenienti da senesi non più residenti a Siena: tornati in città per il Palio oppure per una breve vacanza.

E non siamo solo noi ad “appigliarci” a momenti particolari per tornare al luogo di origine o a voler utilizzare proprio le ferie (come quelle estive che sono ormai in essere se non alle porte) per RI-recarci nei luoghi dove siamo nati e cresciuti (almeno in parte!).

Tanti di noi potrebbero preferire altre mete, altri tipi di vacanza, approfittare delle meritate ferie per scoprire posti nuovi e mai visti; invece noi torniamo proprio là.

Luogo noto e stranoto che conosciamo a menadito ma che, come può fare una calamita, ci richiama a sé. Quasi come fossimo un Ulisse attirato dal canto delle sirene… Eppure, non credo, ci siano le sirene o altri artefici dai poter magici. Forse, però, c’è qualcosa di molto più potente: le nostre radici e la nostalgia per i luoghi d’origine!

Non a caso, nel bene e/o nel male tutti noi sviluppiamo o abbiamo sviluppato un sentimento di identificazione con un ambiente che ha una rilevanza storica, culturale o affettiva per noi (senso di appartenenza a un luogo) che è un fattore chiave per il benessere psicologico e sociale andando ad incidere sulla costruzione dell’identità e del senso di sicurezza (Vaso di Pandora, 2023).

Anni or sono Mead (1934) aveva rilevato come i luoghi assumano una valenza simbolica condivisa dagli individui con i quali interagiamo. Infatti, le memorie collettive e i significati culturalmente condivisi danno forma ai nostri legami con i luoghi, in quanto tali legami costituiscono un mezzo per distinguersi dagli altri, fornire un senso di continuità con il passato, creare un’autostima positiva e aumentare il senso di autoefficacia (Fornara & Manca, 2020).

Quindi, analogamente a quanto avviene per l’attaccamento a una persona cara, l’attaccamento al luogo si caratterizza per la ricerca di vicinanza, l’unicità e l’insostituibilità del luogo e il senso di perdita in caso di allontanamento (Giuliani 2003).

Proprio da questo desiderio di ritornare “in patria” ha origine il termine nostalgia. Questo – creato dal medico svizzero Johannes Hofer nel 1688, per designare quel male riscontrato nei giovani militari svizzeri che, durante il servizio militare in terra straniera, dimostravano una varietà di problemi tipici – nel tempo, ha assunto sfumature varie evolvendo da una condizione medica a un’emozione complessa che abbraccia tristezza, rimpianto, ma anche una particolare forma di gioia derivante dalla rievocazione di momenti o luoghi felici (AA.VV, 2023).

Ma del resto, come ben riportato da Andreoli (2023) la nostalgia è quel sentimento di lontananza e di mancanza che caratterizza in modo perturbante (Freud, 1919) la condizione umana: ciò che è irrecuperabilmente perduto e assente continua a presentificarsi nella vita psichica del presente come un fantasma tanto tormentoso quanto necessaria.

Quindi, per come la vedo io, che si vada o che si torni l’importante è farsi del bene. Nessuno sfugge a sé stesso e, forse, non è pure buono che lo faccia: dobbiamo avere rispetto di noi, della nostra storia e, più, in generale, della nostra identità.

Non ricordo da chi e dove l’ho sentito ma tanti anni fa un qualcuno mi disse che “per poter andare bisogna tornare”.

Dunque, auguro a tutti buon viaggio qualunque sia il luogo che raggiungerete: spero solo che questo parli con e al vostro cuore!!

Cristina Rigacci

(Psicologa e Psicoterapeuta)

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