E’ iniziata un’altra settimana di presidio e di lotta per la difesa della propria professione per i lavoratori della BEKO di Siena, che da lunedì hanno ripreso il lavoro: continuerà per le prossime due settimane.
Ma, è da alcuni mesi, purtroppo, che sul nostro territorio aleggia lo spettro della disoccupazione: si parla di circa 300 esuberi alla Beko, ma pare ce ne siano altri a rischio alla GSK. Ricollocazione? Speriamo, ma dove? E con quali condizioni?
Inoltre: ci sono altri lavoratori di altra realtà imprenditoriale per i quali, il 30 ottobre, sono scaduti gli ammortizzatori sociali, in vigore da tre anni, e all’orizzonte non si vedono nuove commesse in arrivo.
Se fate il conto sono 600 persone, 600 famiglie per le quali in questo Natale ci sarà ben poco da festeggiare: in alcuni casi si tratta della perdita del posto di lavoro per entrambi i membri di una coppia. Pensiamo a cosa tutto questo voglia dire.
Ci racconta una dipendente della Beko: “all’incontro di Roma del 20 novembre scorso la proprietà ha fatto capire che lo stabilimento di Siena non rientra più nel loro piano aziendale e verrà chiuso entro il 31 di dicembre del prossimo anno. Per questo noi stiamo ottando con le unghie e con i denti coinvolgendo tutta la città, ogni istituzione, dal Comune ai comuni limitrofi dove vivono molti lavoratori, la Provincia, la Regione”.
Ha preso a cuore la situazione il Cardinale Lojudice: i lavoratori erano presenti nelle prime file in duomo alle celebrazioni per Sant’Ansano.
“Noi stiamo cercando di smuovere tutto il possibile, dall’arcivescovo siamo andati per vedere di scongiurare o quantomeno prolungare la chiusura perché per noi lavoratori anche la possibilità di avere più tempo per trovare una eventuale altra società che ci possa riconvertire è fondamentale” ci precisa.
E questo perché, diciamolo chiaro e forte, molti di questi lavoratori, non sono più giovani; ad alcuni, addirittura, mancano pochi anni dalla pensione e questo rende la ricerca di un nuovo lavoro ancora più difficile.
Trovare il modo “di accompagnare” il più vicino possibile al pensionamento il numero maggiore possibile di lavoratori, magari tramite incentivi, sarebbe già un grande aiuto
Ma “la situazione resta disarmante e parecchio dura anche fisicamente perché presidi, picchetti e manifestazioni ti caricano e logorano” evidenzia lei ancora.
Molti di loro, peraltro, sono decenni che vi lavorano, in più di un caso di padre in figlio/a, di madre in figlio/a. E tuttavia, i gesti di solidarietà fanno sentire meno soli e anche se sono semplici vogliono dire “ci siamo”: dalla colazione offerta dall’Arci dei Due Ponti, alle scorte di viveri della Coop.
E’ stata, la scorsa, la settimana del corteo e del comizio in Piazza Salimbeni, della presenza in Consiglio Comunale, della presenza a Firenze, durante lo sciopero generale del 29 novembre, quando hanno sfilato al canto della Verbena: un modo per sottolineare la loro identificazione con un’intera città anche fuori, della presenza alle celebrazioni di Sant’Ansano.
Ma la strada è lunga.
Cosa fare? Ogni possibile azione ci venga in mente, ognuno per quello che può, perché la nostra città dovrebbe capire che la crisi occupazionale di centinaia di lavoratori (e di famiglie) è una cosa che ci coinvolge tutti perché “a cascata” 600 famiglie in crisi economica porteranno ripercussioni su tutte le altre attività.
E in conclusione, non parliamo di spirito del Natale, luci e bontà e bellezza: ecco lo spirito del Natale vero e che dovremmo vivere e chiedere, essere con loro e trovare una soluzione (chi ne ha facoltà e potere per loro) perché, come chiude la nostra chiacchierata l’amica che sta rischiando il posto alla Beko: “di notte mi sveglio ogni 40/50 minuti con sobbalzo e mi dico ‘allora è vero? Io come molti nel bene o male pensavo di ‘arrivarci in fondo’ con questo lavoro. Non è così? E noi andiamo avanti e si lotta giorno per giorno”.
Maura Martellucci