Come e’ noto, la storia di Elena Ferrini si e’ aggiudicata il premio  “Sienasociale.it – Storia dell’anno 2024” vinto grazie ai voti dei nostri lettori  (55% delle preferenze). Celebreremo il successo di Elena all’interno della splendida cornice offerta dalla sua Contrada, la Nobile Contrada dell’Aquila, il giorno 16 marzo 2025 (domenica) a partire dalle 18. Aspettando quel giorno, la dottoressa Cristina Rigacci, psicologa e psicoterapeuta, ci spiega le ragioni di questo successo

Elena Ferrini
Elena Ferrini

Anche quest’anno la nostra redazione e’ stata impegnata con il  concorso per individuare la storia dell’anno.

Come avevo avuto già modo di scrivere, a mio avviso, tutte le storie in gara avevano un “file rouge” che le univa.

Adesso quindi mi domando perché, tra le tante vittorie di cui ogni storia, più o meno parlava, proprio questa  “Ho vinto il cancro e sono rinata. Ora Elena e’ modella per solidarietà” può aver colpito la maggioranza dei lettori.

Mi domando se può esserci qualcosa, in questa specifica storia, che possa aver catturato maggiormente l’attenzione…

Il primo pensiero che mi salta subito alla mente è che il cancro, purtroppo, è una malattia diffusissima. Come si può evincere dal rapporto – frutto della collaborazione tra AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), Fondazione AIOM e PASSI (Progressi nelle aziende sanitarie per la salute in Italia, a cura dell’Istituto superiore di sanità) – “I numeri del cancro 2024” (reso noto pochi giorni fa) si stima che in Italia nel 2024 vi siano state più di 390.000 nuove diagnosi di tumore, circa 214.000 tra gli uomini e 175.000 tra le donne.

Benchè si tratti, lo dice il documento stesso, di un dato incoraggiante (perché i numeri risultano stabili rispetto a quanto riportato nelle edizioni de “I numeri del cancro” del 2022 e del 2023) non si può dire certo che a dover fare i conti con questa terribile malattia siano in pochi!

Inoltre si sa, in molti lo hanno detto e lo continuano a dire (Crocetti, et. alt 2008; Petrova, et al., 2021; Blechstein, 2024), il cancro è una parola che rimanda a uno scenario altamente catastrofico nell’immaginario collettivo, ad una “condanna a morte”; di fronte a tale diagnosi lo stress psico-fisico conseguente è elevatissimo, le angosce di morte si attivano potentemente, i sentimenti suscitati sono molto intensi; senso di irrealtà, diniego, incredulità, disorientamento e rabbia, solo per citarne alcuni!

E questo la nostra Elena ce lo ha detto bene: non ha negato, come molti potrebbero fare o aver fatto, la sua sofferenza, il suo bisogno di aiuto e tutte le difficoltà connesse a quei momenti di malattia e di cura.

Ma forse, il punto importante è proprio in quest’ultimo aspetto citato: come Elena ha gestito il tutto.

È noto (Putton et al., 2011) che il modo di gestire la “crisi emotiva” generata dalla diagnosi medica, l’atteggiamento di fronte all’evento spesso traumatico, influenza il tipo di adattamento psicosociale alla malattia impattando sulla qualità di vita successiva alla diagnosi, ma anche sulla compliance ai trattamenti medici e sul decorso biologico della malattia.

Elena è la “prova” di tutto ciò: è stata male, si è fatta curare, non ha smesso di sperare, è guarita e poi è ripartita.

Avrebbe potuto lasciarsi immobilizzare dal dolore e dalle angosce, sarebbe stato più che lecito, invece no: si è aggrappata alle cure (anche se pure esse “brutte” e dolorose”) per poi ripartire…

Ed ecco il terzo punto secondo me centrale nella sua storia: la ripartenza!! Elena ha deciso, nonostante le “cicatrici” lasciate dalla malattia di ripartire mettendosi anche in gioco come modella.

Molti parlerebbero di resilienza che è un termine di matrice latina (“resilire”, da “re-salire”, saltare indietro, rimbalzare) usato per esprimere la capacità dell’individuo di fronteggiare una situazione stressante, acuta o cronica, ripristinando l’equilibrio psico-fisico precedente allo stress e, in certi casi, migliorandolo. (Masten, 2001; Burton, et al., 2010).

Personalmente, preferisco (in questo caso in particolare modo) andare ancora oltre perché oltre la resilienza, secondo me, c’è di più.

C’è una donna, Elena, che ha saputo dare un nuovo significato a quanto le è accaduto. E se la ricerca di senso è uno degli elementi costitutivi della nostra base identitaria (Crocetti & Stegher, 2022), mi sento di poter affermare che ciò che ha fatto Elena sia stato molto di più di una semplice risposta ben adattiva: ha avuto la forza di ri-definire se stessa, nel suo essere identitario più profondo, e pure di mostrarlo agli altri.

Si può volere di più? Io credo di no!!
Quindi, in conclusione? Personalmente parlando ho sempre pensato che il dolore esige rispetto, silenzio e poco clamore ma non posso che essere strafelice per una donna che si è ridefinita e si è data l’occasione per prendersi – anche sotto i riflettori della passerella – quella luce che lei, prima di tutto, forse ha ritrovato e ricostruito in se stessa sapendo esporre sotto una luce nuova proprio lei e il suo vissuto di malata oncologica!

Grazie davvero di cuore Elena: altro non saprei che aggiungere ricordando solo che il premio per Elena consistera’ in un’opera d’arte firmata da Catia Prosperi e Mirella Menciassi 

 

“Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la primavera”
(Pablo Neruda)

Cristina Rigacci

(Psicologo e Psicoterapeuta)

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