È domenica mattina, mi preparo per intervistare Siria Mazzetti, pittrice di Rapolano che esporrà da venerdì 13 ottobre presso la galleria Olmastroni, in via di città 75, a Siena.
Una mostra personale, organizzata dal Comune di Siena, per la quale è stata fatta una selezione tra numerosi candidati da varie parti di Italia.
Studio con calma la sua pagina su internet, per essere preparata e scegliere le domande da porle. Leggo la sua presentazione; mi piace molto.
In essa racconta come nei suoi quadri la materia diventa parte dell’opera e il riuso del materiale faccia parte della sua modalità di espressione, che non si ferma a pennello e colori.
Già le parole mi incuriosiscono, vado avanti , passo in rassegna anche le sue opere.
Non sono una esperta, ma l’arte mi piace come espressione dell’ anima, e se qualcosa vibra dentro di me mentre sono davanti a un’opera, allora ecco che davvero la considero arte.
E questo di certo ora mi accade.
Sfoglio in successione le foto dei quadri.
Attraenti, profondi, interessanti.
Figure femminili di grande dolcezza, accanto a vortici senza fondo che sembrano scavare in un dolore persistente e vitale.
Sono affascinata da ogni fotografia delle opere. Mi immagino che sia ancora più intenso l’effetto dal vero, alla mostra. La materia che si fa quadro, esperienza di vita, dolcezza e dolore che attraverso l’espressione fuori di sé diviene terapeutica.
Ogni figura ha un vuoto, spesso una parte del volto, nella zona più alta: un occhio non delineato, o al suo posto una mancanza.
Quello che mi colpisce è che non si tratta di deformità. Solo di assenza.
Le farò anche questa domanda. E scrivo ancora.
L’appuntamento telefonico è proprio adesso. Non voglio farla aspettare.
Chiamo.
Una voce giovanile e svelta mi risponde subito. Mi piace quando la sintonia tra due persone avviene rapida, spontanea, senza filtri. Cosi accade.
Inizio subito a fare domande.
E prima di quelle di cui ho preso nota, chiedo:
Come nasce la pittrice Siria Mazzetti?
La risposta sgorga naturale, serena e al tempo stesso piena di dolore.
” Mio marito è morto all’ improvviso, un giorno in estate di quattro anni fa, mentre eravamo al mare. Era malato, lo sapevamo, ma questo non servì a lenire la disperazione, il senso di smarrimento del ritrovarsi in pubblico, in spiaggia, con lui disteso, e la polizia che mi faceva le domande di rito”.
Mi immagino impietrita tutto quello che può aver provato. Me ne resto zitta, e continuo ad ascoltare.
“Mio figlio era a Malta per lavoro. Corse da me. Ma non poteva restare se non qualche giorno. Per questo , prima di ripartire mi portò tutto il mio corredo da disegno. Erano passati tanti tanti anni…
Ho fatto l’istituto d’arte. Poi la vita mi ha portato a fare altro.”
Sarei curiosa, vorrei tanto chiedere come ha trascorso la sua vita in quel intervallo lungo tra gli esperimenti artistici di gioventù e l’arte di adesso, matura, che è espressione di una fetta importante della sua vita. Ma capisco che non è importante, adesso, per lei. Quello che conta è il presente.
La sua arte nata come espressione del suo presente e dei suoi ricordi più intensi, quelli che vivono in lei, del passato che desidera ricordare. Mi racconta del marito, del rapporto bellissimo che aveva con lui. E del figlio. Di quest’ ultimo parla con affetto e amore di madre, senza ostentazione, ma tanta gratitudine per come, nonostante le distanze dovute al lavoro, egli abbia saputo starle vicino.
La nuora, la nipotina, nuove realtà che colorano la sua esistenza, dopo quel dolore di quattro anni fa.
” il nero nei miei quadri non è la tristezza, lo metto sempre in chiaro perché non voglio essere fraintesa. Il nero per me è la somma di tutti i colori. Come nella vita tante emozioni insieme”.
Seguo il breve appunto che mi sono fatta, e chiedo qualcosa a proposito delle figure femminili che ho visto nelle sue opere.
La sento al telefono come se sorridesse, nel dire ” siamo noi, le donne, che hanno una marcia in più nell’ affrontare ogni cosa, anche il dolore“.
Alcune cose mi sono sfuggite dei
nei suoi quadri. Me le spiega, e si fa tutto più chiaro e va oltre l’emozione.
Faccio ancora domande, e conversiamo anche superando il formalismo di una intervista telefonica.
“Quei volti sono incompleti, come me, che ho grandi difficoltà a vedere da un occhio”.
Mi risponde schietta.
” E la mia vista carente porta ad entrare in contatto non solo visivo, ma fisico con gli oggetti, con la materia che fa parte dei miei quadri. “
Deviamo ancora dalle tradizionali domande e risposte. Parliamo di audiolibri, un modo diverso di leggere. Di podcast. E di covid.
“Oltre il dolore per la morte di mio marito, c’è stato il periodo dell’isolamento per il covid. Che ha colpito tutti. Ha lasciato profonde ferite in molti. “
Si, rispondo , anche questo si avverte, nelle opere che ho visto. Un sentimento universale, che tutti abbiamo dovuto incontrare nel 2020. La solitudine.
Mi piace davvero, Siria. Una pittrice, una artista che cura la sua anima, e quella degli altri, grazie alle sue opere. Che non si piange addosso, e reagisce agli eventi con tenacia, intelligenza e umiltà.
La mostra sarà aperta tutti i giorni, da venerdì 13 ottobre a mercoledì primo novembre. E durante i fine settimana ci sarà anche Siria alla galleria Olmastroni ad accogliere chi vorrà visitare la sua mostra.
per saperne di più.
https://www.siriamazzetti.it/mostra-galleria-olmastroni-siena/