Era l’ottobre del 2015 quando una scultura dalla “Mente Aperta” arrivò all’Orto de’ Pecci. Un luogo che essendo gestito da quarant’anni da una cooperativa sociale, La Proposta, ha sempre cercato di accogliere persone con “mente aperta”.
L’opera, Open Mind dello scultore americano Justin Peyser, trovò così la sua “casa” e da allora con un occhio guarda il nostro agire e con l’altro tiene sotto controllo questa Siena che trova nella nostra valle la sua culla. Da sempre.
Di accoglienza, di sguardo rivolto verso l’altro, di inclusione, di aiuto. Ed è bene ricordare le parole del dottor Costante Vasconetto, psichiatra, che a proposito di “menti aperte” scrisse le sempre attuali riflessioni: “Soltanto dopo essersi lasciati andare alla deriva è possibile avere una mente aperta. Le bisacce del pellegrino aiutano in questo percorso, in questo viaggio senza meta. Forgiata dal miglior fabbro…ha trasferito all’Orto de’ Pecci il contenitore che li comprendeva e li comprende tutti, i propri pezzi, che custodisce tutte, le sue e anche le nostre parti interne. Una corazza capace di proteggere la nostra identità. Identità che si costruisce e si ricostruisce Una struttura che si acquisisce a partire dalla conoscenza della realtà esterna, ma anche di quanto è contenuto nel proprio spazio interno. Bisogna percorrere questa strada. Bisogna accettare di partire, ogni pellegrino con la propria bisaccia, di lasciare il porto sicuro. Di muoversi ed entrare dentro il proprio spazio interno. Uno spazio ignoto, oscuro, pericoloso forse ancor di più dello spazio esterno. Intraprendere il viaggio verso una meta sconosciuta, che è sempre diversa da quella aspettata e desiderata. C’è però bisogno di una scialuppa, di una barca robusta e sicura, che ci protegga e ci accompagni in questo viaggio tempestoso. Un viaggio che ha nello stesso tempo la forza travolgente e coinvolgente dell’ignoto, dell’altro da sé. Che ti vuol far uscire dal quotidiano, dal contingente, dal reale per entrare dentro un altro mondo. Devi entrarci dentro, nel suo spazio interno, che è anche il tuo proprio mondo interno. E trovi forse te stesso in questo viaggio, se cerchi bene, se ti lasci andare, se ti perdi. E’ uno spazio mentale, una profondità aperta, non un abisso, una offerta che ti attira, che ti seduce, che ti spinge ad entrare dentro. Dentro a te stesso , e da lì di guardare fuori. Cercare fuori per trovare la realtà, e insieme trovare anche te stesso. Avere finalmente il coraggio di intraprendere il viaggio più difficile e pericoloso, quello dentro te stesso. Il viaggio senza memoria e senza desiderio, dove la memoria ed il desiderio vengono temporaneamente sospesi. Non c’è una meta, non c’è uno scopo. Non c’è un passato e non c’è un futuro. Ci può essere paura e terrore in questa incertezza. Ma solo dalle incertezze nasce il cambiamento. Andare alla deriva per fare spazio, lasciarsi andare per accogliere qualcosa di nuovo e di diverso, nato da dentro”.
Personalmente mi ritrovo sempre in queste righe e ritrovo ancora, ogni volta che la guardo, il senso per il quale la scultura “Open Mind” non potrebbe abitare che qui. Da noi. A La Proposta, in una cooperativa sociale, nel prato dell’Orto de’ Pecci.
Maura Martellucci