Oggi, 15 ottobre, ricorre la giornata di consapevolezza sul lutto perinatale. No, non li chiameremo bambini “mai nati” perché nessuno è così piccolo da non poter lasciare un’impronta su questa Terra. Ne scrive per noi su Sienasociale.it la dottoressa Eleonora Cocchini, psicologa e psicoterapeuta esperta in psiconcologia e sostegno al lutto prenatale e perinatale, terapeuta EMDR. Una collaborazione che abbiamo voluto perchè chi si ritrova in questa situazione sappia che non è solo, e che può chiedere e trovare aiuto da più parti. Ma anche perchè la società, nei vari livelli, impari come questi traumi vanno affrontati. Buona lettura!
La perdita di un figlio desiderato, durante la gravidanza, alla nascita o subito dopo il parto, è un’esperienza drammatica. Una situazione traumatica che interrompe in modo brusco il processo di genitorialità e il legame di attaccamento in costruzione, comportando uno shock emotivo intenso e un profondo vissuto di lutto.
Il mancato riconoscimento sociale e culturale del lutto perinatale, che spesso è totalmente negato o minimizzato, lascia la coppia e le famiglie nella solitudine e nel silenzio. Ecco perché diventa necessario sensibilizzare tutti gli operatori sanitari, affinché genitori e i familiari in lutto possano ricevere un adeguato supporto psicologico.
La non legittimazione del dolore connesso alla perdita, unitamente ad assistenze spesso inappropriate, all’assenza di supporto socio-emotivo e alla carenza di spazi di sostegno esperto, sono tra i principali fattori che possono portare i genitori a complicazioni nell’elaborazione del lutto, con il rischio di ulteriori effetti dannosi sulla loro salute psicofisica.
Pur non essendoci reazioni, modi e tempi giusti e uguali per tutti per vivere ed attraversare il lutto, darsi la possibilità di raccontare ciò che è avvenuto, di condividere le proprie emozioni e i propri pensieri, senza giudizi e pregiudizi, può essere d’aiuto a molti genitori che hanno subito la perdita di un figlio.
Ogni gravidanza, indipendentemente dalla sua durata e dal suo esito, è parte integrante nella storia di vita della madre e della coppia genitoriale e ogni bambino, a qualunque settimana di vita, ha una sua importanza indiscutibile.
Nel lutto perinatale i bisogni sono pochi e più semplici di quanto si creda. Attraverso l’ascolto partecipe il professionista sanitario ha un ruolo chiave nella gestione della morte perinatale: se riesce a fornire un supporto sensibile ed una presenza di cura adeguata può facilitare l’elaborazione del lutto genitoriale, al contrario, con atteggiamenti errati, può ostacolare il processo di elaborazione.
Dare ai genitori la possibilità di pensare a quello che ancora si può e deve essere fatto e di decidere in modo consapevole, dando loro il giusto tempo e spiegando le giuste opzioni, li rassicura sulla loro capacità di aver saputo gestire quel momento drammatico e rende migliore l’elaborazione del lutto.
Di fronte ad un genitore che ha perso il bambino prima o dopo la nascita, l’operatore ha spesso un ruolo difficile, quello di comunicare la notizia e di offrire contemporaneamente sostegno.
La comunicazione di morte è dolorosa, per chi la fa e per chi la riceve, ma è importante ricercare un contatto partecipe con il genitore. Sarebbe opportuno dare la notizia guardando i genitori in faccia, con parole semplici e promuovendo un atteggiamento di apertura, disponibilità e sincero dispiacere. Tutti, a distanza di anni, si ricordano di cosa è stato detto loro e di come è stato detto, e una cattiva comunicazione ha un effetto traumatico sul genitore. In generale, tutto ciò che tende a sottovalutare l’importanza della perdita e della morte di quel bambino o a insinuare qualche tipo di responsabilità è comunque inappropriato.
È importante cercare di dimostrarsi disponibili e soprattutto non evitare l’argomento, senza spingere le persone a parlare dell’accaduto se non se la sentono loro per prime. Per i genitori percepire un po’ di interesse può essere di grande conforto; è fondamentale non banalizzare mai questa perdita, non sminuirla.
È buona prassi offrire ai genitori la possibilità di abbracciare e toccare il loro bambino e avere il tempo per conoscere e salutare il proprio figlio, in un ambiente per quanto possibile protetto. Molte madri hanno una sorta di rifiuto e inizialmente chiedono di non vedere il bambino. Questa decisione può e deve essere ponderata, in modo da non creare future angosce e sensi di colpa. I genitori hanno bisogno di concludere quello specifico percorso di genitorialità con quel bambino, anche se le cose sono andate nel peggiore dei modi. Sono tantissime le madri che hanno bisogno di dare un volto reale al bambino immaginario, hanno bisogno di conservare ricordi per poter superare adeguatamente il lutto; disporre di ricordi è una parte importante del lutto, laddove non avere nulla, aumenta la sensazione di precarietà e di vuoto che i genitori provano in questi casi.
Alcune madri preferiscono, dopo averne opportunamente discusso con operatori e familiari, non vedere i loro figli; questa decisione va rispettata senza insistenze, ed è in questi casi che l’operatore deve offrirsi di raccogliere i ricordi del bambino per conto dei genitori.
Bisogna anche riflettere sul fatto che al di fuori dell’ospedale, il percorso del lutto proseguirà inevitabilmente ed i genitori saranno chiamati a rapportarsi con la morte del proprio figlio. La perdita di un figlio in epoca perinatale modifica drasticamente il percorso esistenziale della coppia genitoriale: questo lutto, spesso misconosciuto e negato nella sua drammaticità può alterare in modo permanente l’equilibrio affettivo e psicologico dei genitori, che restano ancorati a quella perdita senza progredire nel percorso di lutto.
Aver perso un bambino in epoca perinatale rappresenta un noto fattore di rischio psicologico e comportamentale anche per le gravidanze successive e per il futuro stile di attaccamento genitore-bambino: un approccio adeguato al lutto è dunque essenziale, da parte di tutti gli operatori, per la salute dei genitori e per fornire un’assistenza ottimale. La formazione di base spesso non prevede la cura degli aspetti psicologici e degli eventi difficili, per cui molti operatori si trovano impreparati, pur dovendo fare fronte periodicamente alla morte.
L’operatore invece che riconosce quel bambino come essere umano degno di rispetto e di cura, che presta attenzione a quel corpo fornendo quelle poche cure di cui necessita dopo la morte, che non si
fa spaventare, creando le condizioni per cui quella creatura possa essere lasciata andare dai genitori nel migliore dei modi, aiuta in modo significativo i genitori a intraprendere un buon percorso di lutto.
Il ruolo del professionista sanitario è quello di adottare una buona pratica (non soltanto tecnica, ma anche emotiva ed empatica) di lavoro con il genitore, cercando di capire di volta in volta i
particolari bisogni di quella coppia. Molti genitori, anche dopo anni, riportano nitidamente ricordi legati ad una cattiva assistenza e al profondo stato di abbandono e trascuratezza in cui sono stati lasciati, soprattutto nel momento peggiore (diagnosi di morte intrauterina, parto, dimissione).
Numerosi studi che si occupano di trauma psichico studiano la capacità del singolo di fare fronte ad un evento negativo e di superarlo senza conseguenze psicopatologiche, osservano come oltre all’evento luttuoso, anche gli eventuali traumi aggiuntivi, legati al contesto, siano fonte di notevole
distress psicologico e complichino notevolmente l’elaborazione del lutto. Molti studi ci dicono che un atteggiamento comprensivo ed empatico da parte degli operatori facilita un corretto processo di lutto nei genitori.
Ricordiamo che la morte di un bambino durante la gravidanza o in epoca perinatale è un evento inaspettato e improvviso, anche durante una gravidanza a rischio; i familiari sono emotivamente impreparati quando si trovano a dover affrontare questa situazione. Per i genitori si tratta spesso del primo incontro diretto con la morte di una persona importante e può essere molto difficile, nelle fasi acute, organizzare con razionalità e lucidità le scelte possibili.
Nelle primissime fasi di shock e confusione l’operatore ha il compito di sostenere il genitore e di guidarlo senza condizionare le sue scelte o scegliere al suo posto, ha il compito di informare il
genitore di tutte le possibilità presenti e deve per questo conoscere accuratamente i protocolli sul lutto perinatale e tutte le opzioni di cura possibili.
Per i genitori, a qualunque epoca gestazionale, un bambino è un bambino, una persona, e necessita di rispetto, ricordo e memoria; quindi particolare attenzione va riservata ai modi di riferirsi all’evento. Per questi motivi in molti paesi del mondo sono presenti protocolli che prevedono non solo l’assistenza al genitore, ma anche la formazione e l’assistenza all’operatore, considerato il suo ruolo centrale per l’elaborazione del lutto e per la corretta gestione delle gravidanze successive alla perdita.
Il comportamento degli operatori sanitari può contribuire ad un miglior adattamento alla situazione e una presenza partecipe di chi offre sostegno in questo momento è importantissima. In alcuni casi serve il silenzio partecipe, in altri può servire una spiegazione semplice delle cause. Sentirsi soli in un momento così drammatico aumenta i livelli d’ansia e rende difficile una corretta elaborazione del trauma.
Le emozioni più frequenti provate dopo un’esperienza di lutto prenatale sono il senso di colpa e la vergogna, che possono indurre le coppie a non cercare conforto negli altri e a provare ancora più solitudine e smarrimento. Le madri non vivono solo l’esperienza del lutto ma anche una profonda ferita esistenziale, che può far generare pensieri di incapacità a generare una vita e di incuria nell’essere state in grado di proteggere il proprio bambino. Questo tipo di rimuginio di tipo depressivo e di colpa, è maggiore nelle madri che hanno investito sulla gravidanza, come momento di realizzazione della propria esistenza.
La perdita di un figlio può essere annoverata tra le esperienze più traumatiche nella vita di un uomo, un’esperienza mentalmente e fisicamente devastante, capace di mettere in crisi le convinzioni più profonde, la visione della vita, le relazioni affettive e il senso e l’immagine di sé.
La drammaticità del lutto pre e perinatale può essere parzialmente alleviata se le figure coinvolte nella perdita possono affidarsi a persone competenti, sensibili ed empatiche, capaci di fornire loro uno spazio di ascolto, comprensione umana, sostegno emotivo, comunicazioni chiare e complete, tempi e spazi adeguati. Per questo è bene che coloro che sono state vittime di un evento così drammatico si rivolgano a figure professionali competenti che li affianchino nel percorso lento e graduale di elaborazione di una sofferenza.
I gruppi di auto-mutuo aiuto e le associazioni del settore (es. Ciao Lapo) sono un valido aiuto perché forniscono informazioni e supporto, e favoriscono la condivisione tra le coppie genitoriali che vivono la stessa condizione. Anche la psicoterapia può fornire un valido supporto per accompagnare le persone verso l’elaborazione dell’esperienza traumatica (es. i protocolli di lavoro con tecniche EMDR).
La morte di un bambino in epoca perinatale è un grave evento di vita, che lascia una impronta indelebile nel vissuto dei genitori e delle famiglie; la perdita di un bambino è un avvenimento difficile da affrontare per tutti, operatori sanitari compresi, semplicemente perché è un evento innaturale e umanamente doloroso. L’assistenza ai bambini colpiti da morte perinatale è un momento molto particolare, complesso ed emotivamente rilevante nella pratica clinica di operatori sanitari.
La letteratura internazionale prevede un sostegno continuativo alla coppia genitoriale, fondato sulla partecipazione e sull’organizzazione capillare di protocolli di intervento, che coinvolgano figure intra ed extra ospedaliere in modo da creare un nucleo protettivo e partecipe.
In molti ospedali esteri è presente un servizio di assistenza psicologica per le famiglie e per i membri dello staff ospedaliero, in modo da elaborare i vissuti di perdita sia nei genitori che negli operatori coinvolti in fase acuta (e non tardiva, dopo le dimissioni, quando tutto è già accaduto).
Il rispetto ed il riconoscimento indiscutibile del valore di ogni vita è fondamentale per comprendere il dolore dei genitori e per intervenire in modo professionale ma empatico durante tutte le fasi del percorso.
Il 15 Ottobre è la giornata centrale del mese dedicato alla consapevolezza sulla perdita durante la gravidanza e dopo la nascita, ed è il giorno conclusivo della settimana dedicata alle iniziative di sensibilizzazione sul lutto perinatale.
In questa giornata migliaia di iniziative in tutto il mondo tengono alta l’attenzione su aborto, morte perinatale e infantile e mette le famiglie al centro di un abbraccio globale.
Nel nostro Paese la perdita tocca 1 donna su 6; soltanto il 20% riceve un’assistenza rispettosa e un sostegno adeguato per il lutto, le altre, no.
L’associazione CiaoLapo si occupa da anni di assistere le coppie di genitori che perdono un figlio durante e dopo il parto, è il punto di riferimento nazionale e internazionale attorno alla quale ruota l’assistenza.
Ho avuto la possibilità di avere una convenzione con l’associazione CiaoLapo presso l’ospedale di Empoli dal 2012 al 2014 e durante questi due anni ho assistito tante mamme e tanti genitori che hanno perso i loro bambini, sono stata in sala parto con loro, le ho seguite, supportate e le ho fatto conoscere il loro bambino, lo hanno potuto toccare, abbracciare e baciare.
In questa giornata di consapevolezza rompiamo il tabù intorno al lutto perinatale, ogni madre deve piangere il proprio bambino e gridare al mondo “anche’io sono madre anche se non posso più stringerlo a me”.
Buon 15 Ottobre di consapevolezza!