La chiesa di Santo Spirito non è esattamente quel che si dice una cappellina. E la chiesa di Santo Spirito, ieri, sabato 14 ottobre, era gremita di persone venute a rendere omaggio alla memoria di don Salvatore Sacchitella, in occasione dell’uscita del quaderno della Fondazione Monsignor Orlando Donati, a lui dedicato.
Lo hanno ricordato l’arcivescovo di Siena, cardinale Augusto Paolo Lojudice e il vescovo emerito di Fiesole. Monsignor Mario Meini.
Nelle loro parole ha rivissuto la figura di questo sacerdote schivo e umilissimo (solo pochi intimi sapevano che era diventato monsignore: lui non l’aveva fatto sapere a nessuno), che aveva fatto del servizio ai parrocchiani la sua ragione di vita.
Attento agli ammalati (organizzava i pellegrinaggi a Lourdes e si occupava di loro direttamente) e formatore delle coscienze dei ragazzini della parrocchia (un cult, ormai, la sua definizione di Paradiso rilasciata in un video: avete presente come si sta quando si vince il Palio? Ecco: il Paradiso è a quel modo), in grado di maneggiare con sapienza aspetti non semplici della teologia e della liturgia rendendoli facili per i fedeli (leggere una scelta delle sue omelie in appendice al volume, per capire che cosa vogliamo dire).
Ma il ricordo ufficiale si è, poi, arricchito delle numerose testimonianze di chi lo aveva conosciuto, che siano stati parrocchiani, amici o contradaioli. E dalle loro parole è affiorato il lato passionale di don Salvatore; la sua dedizione al prossimo con gesti apparentemente minimi (parroco di Pari, si era preso l’incarico di trovare ogni domenica tre giocatori di carte per far compagnia a un anziano invalido che non poteva uscire di casa); il suo amore per il Nicchio, alla quale apparteneva e della quale era correttore, amato da tutti i contradaioli (credenti o meno) alcuni dei quali, proprio in questa occasione, non hanno mancato di ricordare il suo attaccamento alla Contrada (chissà, anche nel Nicchio, quanti sanno che nel suo presepio il Bambino nasceva in una conchiglia e la stella cometa era sostituita da una spennacchiera blu).
Salvatore (perché tutti quelli che gli volevano bene lo chiamavano semplicemente così, per nome) ha rivissuto, in questa mattinata, nei cuori di chi lo ha conosciuto. Forse, nel suo animo schivo e minimalista, si sarebbe sentito imbarazzato in mezzo a quel tripudio di affetto. Forse avrebbe chinato lo sguardo e sarebbe rimasto in silenzio, come faceva, da vivo, quando qualcosa che lo riguardava gli pareva immeritata. Probabilmente, nel suo cuore, si era fatto tatuare “Domine non sum dignus”. Di sicuro, però, accanto all’immagine di una conchiglia.
Maura Martellucci
(le foto sono di Rossella Bonci). I proventi del quaderno saranno destinati a scopi benefici