25 novembre 2023. Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. È la ventiquattresima.

Era il 1999, quando, a dicembre, l’assemblea generale delle Nazioni Unite deliberò per la scelta di un giorno simbolico su cui convogliare l’attenzione a proposito di una violenza che fa parte intrinseca di ogni comunità umana. A Siena numerose sono le iniziative di sensibilizzazione di cui anche il nostro giornale ha parlato e parlerà.

Ce ne sono tante di giornate per qualcosa. Del gatto, del cane, dei nonni, il calendario si riempie ogni anno di ricorrenze del genere. Piacevoli, spesso, utili per un pensiero in più, per un ricordo.

La giornata contro la violenza sulle donne però è molto molto di più. Ha un valore universale e profondo, che coinvolge tutti noi, sempre. È un mare magnum di storie di dolore, di paure, di diritti ignorati, di promesse, illusioni, di doveri imprescindibili non rispettati.

Ogni giorno si aggiungono voci straziate, corpi oltraggiati, menti affogate. E l’indifferenza è ancora tanta. Il cammino lungo. Anche se, quando ci voltiamo indietro, ci accorgiamo che i passi percorsi sono tanti, tanti, tanti.
Purtroppo ancora non abbastanza.

Intervisto al telefono, a questo proposito, una avvocata fiorentina, la dottoressa Maria Tamma che, al di là delle facili commozioni da cui spesso mi faccio prendere visto l’argomento così importante e che tocca ogni donna nella profondità del suo animo, possa darci una opinione esperta, chiara e circonstanziata di dove siamo arrivati. E di quale e quanta strada ancora dovremo percorrere.

Primo marzo 2023 riforma Cartabia“. Inizia senza tergiversare. “Abbiamo ottenuto due risultati fondamentali: accelerazione dei tempi dei processi , rafforzamento delle tutele. “

Ho qualche timore che, nell’ andare nello specifico della sua spiegazione, io possa non comprendere tutto. Perché queste cose le abbiamo lette sui giornali, ma è ben diverso leggere un articolo dal sentire un avvocato che ogni giorno lotta per le vittime.

Cerco di stare più attenta possibile, penna in mano, pronta a registrare ogni parola, perfino quelle che potrei non capire.

Una cosa importante ottenuta è che due processi che prima sembravano procedere su due binari ben distinti e separati, tanto da non sapere niente talvolta l’uno dell’ altro, adesso abbiano trovato una modalità di condivisione“.
Resto in attesa che mi spieghi meglio.

Una causa di violenza domestica civile prima spesso non sapeva niente del processo penale in atto. Non c’era dialogo, tra il processo civile e quello penale, nessuna trasmissione automatica degli atti, per cui ad esempio si poteva giungere ad un affidamento condiviso di un minore semplicemente basandosi sulla presunta innocenza di un genitore fino alla fine del procedimento penale “.

Cita l’articolo 64 bis del codice di procedura penale. ” Con esso la trasmissione degli atti diviene automatica, per fortuna, e non è più necessario l’impegno singolo di un avvocato solerte che voglia farlo”.

Vuole provare a scavare nel passato recente, per farmi comprendere meglio.

Tutto questo è nato da una richiesta ben precisa di maggior tutela fatta a livello internazionale. Sono proprio gli obblighi internazionali che hanno spinto l’Italia a questo risultato: obblighi della convenzione di Istanbul del 2014. Troppe archiviazioni di casi di violenza in fase istruttoria. Poche ordinanze cautelari. L’Italia era indietro rispetto agli altri stari e doveva fare qualcosa per arginare il problema. La CEDU ( Corte europea dei diritti umani) ha sollecitato con urgenza un cambiamento.”
Nel 2019 è stata approvata la legge 69, CODICE ROSSO, che stabiliva una corsia preferenziale, proprio come accade al pronto soccorso, per chi subisce violenza. Inasprite le pene, velocizzati i percorsi. ”

Cerco adesso, mentre scrivo e raccolgo gli appunti presi, le tappe che riguardano la violenza sulle donne. Un po’ non capisco. Lo ammetto. Perché ho l’impressione dentro di me che ogni legge successiva potesse essere già compresa in quella precedente.

Mi chiedo se sarebbe stata necessaria se davvero fossero state rispettate le precedenti fino in fondo. Mentre però compulso ogni passo compiuto, mi rendo conto che forse non è così.
La mia percezione è solo dovuta al fatto che istintivamente do per scontato che l’essere umano sia sano, corretto, rispettoso e pieno di buone virtù.

La legge invece ha bisogno di continui accomodamenti, restringimenti, ha bisogno di maglie sempre più strette nelle quali agire per riuscire a impedire tutto quello che di brutto alle donne accade nel mondo. Ancora non ci è riuscita. Penso. E mi passano davanti tutte le storie che ho letto in questi ultimi mesi. Di donne uccise, picchiate, derise, annientate.

Per un attimo mi sembra tutto inutile. Come se quelle maglie sottili e vicine non potessero, non potranno mai impedire davvero tutto il male.

Poi continuo a leggere. A provare a capire. E un po’ riesco a darmi pace.

Nella legge Cartabia ancora un passo avanti, eccolo.
L’articolo 473 bis, n 42 comma 6 è importantissimo perché combatte la vittimizzazione secondaria. ”
Mi vergogno un po’ a confessare che non capisco cosa sia. Per fortuna mi spiega subito dopo: ” una donna che ha subito una violenza ne doveva subire un’altra, subdola, durante l’interrogatorio del processo. È stato tolto l’obbligo di presentazione al processo. Non esiste più il tentativo obbligatorio di conciliazione del giudice, e sono previsti interventi da remoto, oppure orari diversi per non fare incontrare vittima e accusato.”

Un problema grave è spesso che si confonde la conflittualità familiare con la violenza. Sono due cose ben diverse – mi spiega- perché nella prima c ‘è parità tra le parti, nella seconda no.
Ah, dimenticavo un’ultima cosa: il 27 ottobre scorso è passato alla camera un provvedimento nuovo, l’ammonimento. ”
Di nuovo un po’ interdetta e ignorante mi sento. E attendo delucidazioni: “sì, una specie di cartellino giallo, che prima poteva esserci per atti persecutori soltanto, mentre adesso è esteso anche ai cosiddetti reati spia, come le minacce, la diffusione di Revenge porn, ecc. “

Intuisco stavolta che cosa vuol dire reato spia. E non chiedo spiegazioni. Reati che non siano esplicitamente di violenza ma che siano riconducibili a questa area comportamentale.

Su questo ammonimento ho qualche dubbio in verità. In esso non c’è valutazione del rischio, è un atto amministrativo che in parte diventa sostitutivo della querela, non sono certa che abbia risvolti solo positivi: potrebbe mettere a rischio la denuncia”.

Ci si addentra in un terreno che purtroppo non è il mio. Ascolto, determinata a comprendere ma mi accorgo che i miei studi classici non mi aiutano. Per una volta vorrei essere esperta di norme e di leggi. Per una volta penso che sia questa una delle due possibili armi contro la violenza: la conoscenza specifica della legge. Io questa non ce l’ho, e me ne rammarico. Perciò mi fermo appena, spaurita e con un senso di impotenza e ignoranza che mi dilaga dentro.

Mi consolo pensando che l’altra arma efficace sia la cultura, intesa non come conoscenza ma come humus su cui si costruire i nostri rapporti di amicizia, di amore.

Già , perché i rapporti tossici tra gli esseri umani non sono necessariamente soltanto quelli di amore. Anche certe amicizie lo sono.

Mi viene in mente una lezione che ho fatto in seconda media, a scuola, partendo dalla Ballata dell’amore cieco di De André, in cui come mio solito ho deviato dal tema principale che era il medioevo, fino a chiedere ai ragazzi: pensate un attimo a quali sono le vostre relazioni sane. E quali tossiche. Anche con i vostri amici. Hanno iniziato ad alzare la mano, e a riconoscersi in alcuni meccanismi, ne è nata una discussione e un confronto.

A conferma di questo le ultime parole prima del saluto della avvocata: ” ci vuole una educazione alla affettività, è quello il cardine essenziale, che inizi nelle famiglie e soprattutto nelle scuole, in cui ci si possa confrontare tra coetanei e con esperti. Solo così, attraverso il rispetto dell’ altro e l’ autostima di noi stessi si potrà arrivare a raggiungere risultati e impedire una violenza che deve essere sradicata dalla società.”

Come e’ noto anche a Siena l’amministrazione comunale ha programmato una serie di attività utili a sensibilizzare l’opinione pubblica sullo specifico tema.

Federica Scaglioso

(nella foto l’avvocato Maria Tamma)

 

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