Per la “Giornata mondiale del volontariato” che si celebra oggi pubblichiamo quanto ci ha fatto pervenire Ludovica volontaria di “vicinanza” di QuaViO odv. Semplicemente, la nostra protagonista ha una missione: dare affetto e calore umano a uomini e donne, malati oncologici, che sono nell’ultimo ma fondamentale tratto della propria vita.
Sono Ludovica Iorio, volontaria QuaViO di vicinanza da poco più di un anno. Sono una studentessa di medicina, ma nonostante questo il contatto con i pazienti è sempre limitato dai tempi e modi previsti dal tirocinio.
Era da tempo che volevo inserirmi nel mondo del volontariato, e proprio quando avevo smesso di cercare un’attività che potesse fare al caso mio, ecco che QuaViO ha bussato alla mia porta, grazie alla condivisione di un collega di università più grande tramite social (sì, mi hanno detto che sono la più giovane al momento).
Così prende avvio la mia avventura: prima il corso di formazione online riuscitissimo nonostante la piena pandemia Covid, poi il rinnovo di questo in presenza tenuto da competenti ospiti trattanti i diversi aspetti della “cura dell’altro”, ed infine la chiamata a qualche mese di distanza: “Vorresti mettere in pratica tutto questo?”. Non potrò mai scordarmi la Presidente Vanna durante il colloquio conoscitivo, la quale mi ha insegnato come lo scopo del volontariato sia “entrare in relazione con l’altro”, e da queste parole illuminanti come fari cerco di farmi guidare nel quotidiano.
Si parte dopo pochi giorni: mi viene affidata una signora, M.V., malata da qualche anno di tumore in condizioni di non autosufficienza, che vive in casa con la figlia e che ha bisogno solamente di fare quattro chiacchierare in compagnia. Al mio fianco per le prime visite c’è Mila, una compagna di squadra fantastica che interroga M. con domande discrete ma che le permettono di fidarsi di noi ed aprirsi sempre di più.
Comincio a farlo anche io vincendo a poco a poco la mia introversione e vedo che accade lo stesso, tanto che Mila poi mi lascerà “camminare con le mie gambe”.
Cammino tuttora per fortuna al fianco di C. e di sua figlia, le quali mi hanno accolta come una di famiglia, seguendo le pieghe imprevedibili della malattia tra lievi miglioramenti e pesanti ricadute, in cui trovare la “quadratura del cerchio” può sembrare impossibile nonostante la forza tenace dell’attaccamento alla vita.
E’ palpabile però la sensazione seppur temporanea di sollievo attraverso lo sfogliare insieme vecchi album di famiglia, il parlare dei tempi passati e degli affetti che non ci sono più così come del quotidiano, il mangiare assieme piatti semplici ma preparati con amore, il condividere paure sul futuro di chi resta. Posso riassumere quest’esperienza in particolare col dire che, al momento delle condivisioni tra volontari, esordisco sempre con una frase autoironica ma dal mio punto di vista molto veritiera: “Tiene più compagnia la signora F. a me che io a lei”: l’aver instaurato questo preziosissimo legame è davvero impagabile, un dono confortante.
Ho camminato anche a fianco del signor A. in hospice purtroppo per molto poco, e proprio quando sarei dovuta andare a trovarlo è sopraggiunta la morte. Per quanto abbia il rimpianto so che doveva andare così per una serie di sincronie spazio-temporali o, come mi piace pensare, “se n’è andato in punta di piedi per dare un dispiacere a meno persone possibili”. Inoltre, per qualche tempo, ho avuto il piacere di andare a far visita anche il signor C.D. in RSA, che col suo fare gentile mi raccontava della sua giovinezza spensierata.
Ora, ad un anno di distanza effettivo ma in realtà da molto di più, posso dire di essere grata per essere entrata a far parte di un’altra grande famiglia, che a differenza di quella biologica mi sono volontariamente (scusate il gioco di parole) scelta: quella dei volontari e di tutte le persone QuaViO che mi accolgono sempre con un sorriso enorme durante le riunioni, le condivisioni e gli eventi che promuoviamo e a cui partecipiamo. Trovare un tale calore umano in un ambiente operativo così difficile è un’utopia che si realizza, e che spero – ma soprattutto voglio – ritrovare in un prossimo futuro in ambito lavorativo.