Tanti di noi conoscono la storia di Luca Trapanese e la piccola Alba, una storia di adozione, una storia d’amore e di scelte consapevoli, di battaglie contro le disuguaglianze e le disabilità che ancora imperano nella cultura e nella società odierna.

Luca Trapanese, classe 1977, ha sempre convissuto con la disabilità fin da giovane per storie ed esperienze personali; una volta adulto, ha voluto fortemente presentare domanda di adozione nei confronti di un bambino disabile, espandendo la sua richiesta anche a forme di disabilità molto gravi.

Sentiva dentro tutto l’amore verso coloro che nascono meno fortunati di noi e che inevitabilmente dovranno lottare di più nella vita per aprirsi un varco e fare un cammino come tutti meritiamo.

Nel 2018, a distanza di qualche mese dalla sua domanda, giunge la chiamata che gli cambierà la vita: era nata Alba, un piccolo angioletto biondo con la sindrome di Down, rifiutata sia dai genitori e sia da 30 famiglie che avevano fatto richiesta di adozione. Luca non ci pensa due volte ed accetta entusiasta, riuscendo a portare a casa quell’esserino così piccolo e indifeso che è diventato a tutti gli effetti, sua figlia.

Durante la chiacchierata mi viene spontaneo complimentarmi con lui per il coraggio di una scelta così impegnativa “io non parlerei di coraggio – mi dice Luca – ma solo di scelta consapevole e forte desiderio di genitorialità. Alba ed io non siamo persone straordinarie, siamo una famiglia come tante in cui si respira amore pur nelle difficoltà. La cosa straordinaria è invece che nel nostro Paese e nel 2024, persone single non possano godere del diritto all’adozione”.

La storia di Luca e dell’adozione di Alba ci riporta poi a ciò che nella nostra società viene ancora vista come una “diversità”: la disabilità. “Nonostante ci sia molta più informazione rispetto al passato, questa è ancora vissuta come un ‘problema’; non si lavora così tanto sull’integrazione dei bambini disabili e sulle loro specificità. Ricordiamoci che la disabilità ha moltissime forme e sfaccettature e non ci sono molti protocolli adeguati ma uno standard che viene usato un po’ per tutte le casistiche. Vengono garantite alcune cure come la logopedia, il sostegno psicomotorio, ma ogni caso è a sé ed avrebbe bisogno di più attenzione e conoscenza. E su questo bisogna lavorarci…”.

Chiedo a Luca cosa vuole trasmettere ai genitori con figli disabili “la felicità non dipende dalla condizione. Ogni essere umano è prezioso ed unico così com’è. La disabilità dei figli non deve essere vissuta come un ostacolo, ma piuttosto come un arricchimento, onorando ogni giorno che ci viene donato insieme a loro. Io ed Alba viviamo le nostre giornate nella più pura normalità. La mattina ci alziamo, facciamo colazione, facciamo i capricci per vestirci e lavarci, andiamo a scuola… Nel pomeriggio poi Alba fa delle terapie mirate alla sua condizione e poi ci si prepara per andare a scuola di danza o di musica. Altri pomeriggi invece invitiamo degli amichetti a casa per giocare. Insomma siamo una famiglia tradizionale. Ho la fortuna di avere mia mamma che mi aiuta ed una tata quando non sono a casa ma soprattutto c’è l’amore che cerco di comunicare ad Alba quotidianamente, in qualsiasi cosa si faccia. L’amore è capofila della felicità dei figli, è punto di riferimento, è guida. I nostri figli sono felici se noi per primi lo siamo e glielo trasmettiamo. E lei si sente amata, ed è felice”.

Ringrazio Luca per la disponibilità di questa chiacchierata. Il suo è un esempio da evidenziare e di cui raccontare; la speranza è che vecchi muri ostacolanti possano essere buttati giù ed estendere la possibilità di donare amore a tutti, senza etichette né pregiudizi.

Stefania Ingino

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