Per la rubrica “una zampa sul cuore” la storia di Arturino.
Arturo, Artù, non ho mai saputo come ti avevano chiamato davvero e per me eri e sei Arturino.
Tipico “Gatto Silvestro” bianco e nero, abbandonato, dentro il cancello di casa della mia vicina, da un signor qualunque.
Buono come il pane, non mi hai mai dato un graffio, pauroso con tutto e tutti e con quella che io chiamavo “sindrome dell’abbandono” (perché se la tua padrona stava fuori casa una giornata, poi tu le stavi appiccicato per due).
Quando da me è arrivato Lillo (3 mesi), tu eri già adulto, ma avevi paura anche di lui. Poi, con lui e grazie a lui, hai iniziato a “gattizzarti”, come dico io: a comportarti come un felino insomma. Giocare, rincorrersi, farsi gli agguati tra i carciofi, dormire insieme. Lui veniva a cercarti per giocare, tu pure.
Ma con noi umani eri schivo. Ti facevi avvicinare, facevi i rotoloni per farci festa, ma mai ti sei fatto toccare.
Poi un giorno ho perso il mio babbo.
E mentre ero in giardino, seduta su degli scalini con il vuoto nella testa, sei arrivato, ti sei avvicinato e accoccolato su di me. E io ho pensato: “Ecco, babbo mi ha mandato lui per non farmi sentire sola”.
Da allora, anno dopo anno, casa nostra e casa tua sono diventate un unico territorio. Sei diventato l’anima gemella di micio Lillo: e la mia. Standomi accanto sempre. Dormendo con me quando non stavo bene.
Poi la tua proprietaria ha venduto casa, ma tu non ti sei fatto trovare ogni volta che cercavano di prenderti.
Non hai più varcato la soglia di quel cancello, perché avevi paura dei cani e dei gatti dei nuovi proprietari.
Insomma, hai scelto di restare qui (ah, ovviamente ho chiesto e proposto alla tua padrona di tenerti, non tiho “rapito”). Hai scelto me e te ne sarò grata per la vita.
Sei stato la mia ombra, il mio bodyguard.
Non so nemmeno quanti anni avevi. 12, 13, 14: li hai vissuti alla grande. Senza avere mai un problema.
Forse è anche per questo che mi sconvolge averti perso in pochi giorni. Giocavi, mangiavi, correvi, stavi bene. Poi nel giro di un niente ho scoperto che avevi un problema serio, che non potevo fare più nulla per te. Ti sei arreso: volevi andare.
E ti ho lasciato andare. Contro ogni volontà del mio cuore, ti ho cullato e sussurrato che eri libero, se volevi, che me la sarei cavata.
Non so se me la caverò davvero, la ferita è aperta, fa male. Ma tu hai avuto quello che molti tuoi compagni vorrebbero se non di più: due case, amore a non finire, pappe, cure, libertà, amicizia. Storia senza “lieto fine”? Forse si. O forse no. Perché, giovani o anziani, sani o meno che siano, ogni micio ha diritto ad avere quel che ha avuto Arturino. Anche a discapito dei nostri sentimenti.
Nessuno deve vivere senza amore. Nessuno deve morire solo.
Nicoletta Barocca