il volontariato nel percorso di curail volontariato nel percorso di cura

Qualche giorno fa mi sono ritrovata a prendere un caffè con due persone che stimo e a cui voglio molto bene. L’uno, volontario dell’Associazione Nasienasi, Alessandro (clown Iononsò) e l’altra OSS da pochi mesi, la mia Amica Simona (con l’A maiuscola!).

L’atmosfera che si è subito creata tra di noi era frutto di un’empatia quasi inspiegabile se pensiamo che tutti e tre ci conosciamo da poco più di due anni e siamo diventati amici da grandi, oltre 50enni, un periodo della vita che fa fare bilanci e scelte importanti. E scelte ponderate, coraggiose.

La mia amica ad esempio, ha voluto radicalmente cambiare la sua vita a 50 anni, lasciando un lavoro a tempo indeterminato, per seguire il sogno di lavorare con persone disabili e anziane, prendendosi cura di loro. Si è rimessa a capo fitto sui libri, non senza difficoltà e riuscendo a raggiungere l’obiettivo desiderato.

Il dialogo ha subito preso la direzione del sociale, dell’importanza del volontariato, delle persone che lavorano nei contesti della cura e dell’importanza che ha il primo (il volontariato) di essere presente nei contesti della cura: RA, RSA, RSD, Ospedali.

È venuto fuori un dialogo unidirezionale in cui tutti e tre vedevamo come soluzione e supporto la professionalità delle persone che lavorano e operano in questi contesti.

Il volontariato dei Nasienasi ad esempio, è fatto di preparazione, allenamento settimanale, continuo confronto e condivisione: tutte peculiarità che fanno di un servizio, il servizio.  Così come anche altri volontari che sposano l’impegno preso sviluppando competenze e preparazione, in virtù di un solo obiettivo: l’aiuto verso il prossimo.

Ma anche il lavoro degli Operatori Socio Sanitari, deve prima di tutto essere un lavoro umano. Le persone ricoverate temporaneamente o definitivamente sono individui con una storia di vita che li ha portati a stare lì, loro malgrado; coloro che gli stanno vicino devono prima di tutto prendersi cura della loro anima, oltre che della malattia.

Comprensione, accoglienza, assenza di giudizio fanno quindi dei volontari e dei lavoratori che operano nei contesti della cura, delle risorse umane meritevoli di apprezzamento e lode.

Proseguendo con la chiacchierata, è emersa anche l’importanza della cooperazione tra associazioni ed Enti del terzo settore perché il confronto porta alla conoscenza e spesso all’unione; e l’unione, come dice un vecchio detto, fa la forza. Ne è stato un esempio la grande impresa organizzata nel periodo natalizio presso i locali de La Lunga Gioventù in cui diverse realtà del territorio si sono messe in parallelo interagendo e cooperando. Esempio che ha avuto (e sta avendo) grandi riscontri: proprio ieri, durante un’intervista fatta ad una volontaria, quest’ultima mi ha ricordato l’interesse che questo impegno conoscitivo ha destato in molte persone. Inaspettatamente.

Insomma, cooperazione, associazionismo, interazione, formazione e conoscenza. Valori fondamentali per rendere meno doloroso il cammino di chi è meno fortunato di noi.

Il nostro caffè si è concluso con la promessa di ritrovarci ancora e di allargare questi discorsi a persone che operano in associazioni, facendo proposte di incontri e approfondimenti. Perché come mi ha ricordato Alessandro “quando curi una malattia puoi vincere o perdere. Quando ti prendi cura di una persona, vinci sempre.” Patch Adams.

Buona domenica a tutti voi, cari lettori.

Stefania Ingino

 

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