“Oggi e’ già qui”. Direbbe qualcuno. Allora proviamo a capire di più della moderna festa degli innamorati che ci vedrà quasi tutti impegnati in auguri ed abbracci.
Ma povero Charlie Brown! Eccolo lì, ogni 14 febbraio, davanti alla cassetta delle lettere ad aspettare, inutilmente, una “valentina”, quel bigliettino d’amore che si usa scrivere il 14 febbraio a chi si vuol bene (a qualsiasi titolo). E, ammettiamolo, tutti ci siamo sentiti, un anno o un altro, come Charlie Brown con quel bigliettino, cuore, bacetto, parola che poi non è mai arrivato.
Ma se dovessimo fare la storia delle “valentine”, non potremmo non partire dal primo esempio conosciuto che viene scritto nel 1415 dal nobile Carlo di Valois-Orléans, comandante di una delle ali dell’esercito francese, mentre è prigioniero nella torre di Londra dopo essere stato catturato durante la battaglia di Azincourt, una delle tante nell’ambito della guerra dei cent’anni.
Carlo d’Orléans, che è anche un abile letterato, nei suoi anni di prigionia, scrive oltre cinquecento opere, tra le quali una dolcissima, nostalgica lettera alla sua amata e giovanissima moglie Bona, figlia di Bernardo VII conte d’Armagnac, per la festa di San Valentino:
“Io sono dall’amore travagliato
dolcissima mia Valentina,
per me troppo presto tu nata
per te troppo tardi nato io.
Perdoni Iddio chi staccato
m’ha da te già da un anno.
Io sono dall’amore travagliato
dolcissima mia Valentina.
E già m’è chiaro
quale sarà il mio destino
prima che questo giorno sia passato;
questo giorno che da Amore è governato.
Io sono dall’amore travagliato”.
Questa prima, tenerissima lettera di San Valentino avrà un esito triste: Carlo tornerà in Francia solo nel 1440 e non rivedrà più la destinataria della “valentina”, perché l’amatissima moglie Bona, nel frattempo, è morta. Solo come nota, bisogna sottolineare che Carlo d’Orléans compare fra i protagonisti nell’Enrico V di William Shakespeare.
Ma perché San Valentino? Intanto i santi che portano questo nome sono ben tre e ad almeno due di loro viene ricondotto un gesto d’amore e in varie epoche. In America (guarda caso!) la tradizione più diffusa è quella di un San Valentino che vedendo due innamorati che litigano furiosamente gli si avvicina e gli chiede di tenere con le loro mani unite una rosa della quale gli fa dono. Il gesto ha il “miracoloso” effetto di far calmare i bollenti spiriti dei due giovani che si guardano subito con gli occhi a cuoricino.
Cuori di cioccolato e fiori, ecco, non “rileghiamo” solo in questo una storia bellissima, con risvolti di “tribunali d’amore” e vicende mozzafiato. E non “rileghiamo” a questo un giorno in cui l’amore va festeggiato e declinato in tutte le sue sfumature: quello per gli amici, verso l’altro, verso i genitori, i nonni, i figli, gli animali, i libri, la musica, i ricordi…tutto quello che vi fa star bene, insomma, e sì, certo, anche il lui/lei che a “vario titolo” vi sta accanto.
Una domanda sorge spontanea, tuttavia: ma in epoca social le emoticon valgono?
Maura Martellucci
(le notizie storiche sono tratte – e ve ne troverete molte di più – da “Attraversando l’anno. Stagioni, natura, riti” di Buccio Balestraccci, Edizioni Il Mulino 2023)