Quasi per caso mi imbatto nella storia di Eleonora Goio e ne rimango rapita, impressionata. Mi rapisce il coraggio di una Donna che si ri-inventa nonostante lo schiaffo feroce che la vita, ad un certo punto, le porge. Mi impressiona invece la sua forza. La capacità di vedere oltre le barriere, oltre i muri che, secondo lei, vivono essenzialmente nella nostra mente. Prima di preparare la sua intervista ho letto tanto di lei. Della sua storia, dei suoi viaggi, i suoi libri e i suoi impegni sociali. Leggerla è un po’ come condividere un viaggio in treno con uno sconosciuto che ha voglia di raccontarti la sua vita. E quel racconto voglio condividerlo con tutti voi. Lascio pertanto la parola ad Eleonora Goio, convinta che ne sarete rapiti ed impressionati anche voi.
Eleonora Goio ha trovato nel mare la sua libertà, navigando nel Mediterraneo e dimostrando che non esistono limiti a ciò che possiamo ottenere. La sua storia è una testimonianza fortissima del ruolo che lo sport e, in particolare, la vela possono giocare nel percorso di guarigione ed empowerment. Il suo, è’ un racconto di quelli che lasciano il segno.
“Sono un’ex insegnante di educazione fisica, ottimista di natura, con la voglia di mettermi in gioco nei vari ambiti con i quali sono venuta a contatto: dallo sport al lavoro, dallo studio alle passioni del tempo libero, dai viaggi alle relazioni sociali. Ho sempre pensato che la vita vada vissuta intensamente e le occasioni prese al volo. Nel 2010 vengo operata al cervello al Neurochirurgico di Verona con l’idea di togliermi velocemente il peso della diagnosi in entrata: asportazione di angioma cavernoso congenito. Da allora sono entrata nel mondo delle persone “diversamente abili”. Ci tengo a dire che ogni scelta fatta nella mia vita è stata comunque conquistata faticosamente, lavorando molto su me stessa, ho cambiato lavoro, città e case. Ora vivo (quando non sono in giro) in una casa in campagna fatta in paglia e canapa combinata, la prima ad essere stata costruita con questa tecnica in Italia: CA’NORA” .
Inizia così il racconto di Eleonora Goio.
“La scrittura per me è stata terapeutica e ho scelto di usarla come veicolo per indirizzare parte delle tante energie nel condividere sulla carta le mie impressioni e le mie riflessioni, non solo sui viaggi ma anche sulla condizione di chi vive con una disabilità, compiendo anche una sorta di denuncia sociale nel sensibilizzare la comunità sull’importanza di non tacere le ingiustizie. I miei primi libri sono stati pubblicati dalla casa editrice Besa “Viaggio al buio, diario di viaggio sulla Via della Seta” e “Mezzaluna a rovescio, tour del Mediterraneo alla vigilia della Primavera araba”, dove racconto le mie esperienze di viaggiatrice anarchica, mossa dall’istinto, dalla curiosità e dalla voglia di conoscere realtà diverse vivendole da vicino, viaggi on the road, scansando percorsi organizzati e preferendo sempre la dimensione umana dei luoghi, scoprendoli fin quanto possibile con mezzi di trasporto insoliti. All’epoca ero “normale” (secondo i canoni di questa società), ma hanno visto la luce dopo l’intervento al cervello, per dimostrare, in primis a me stessa, che potevo trovare un modo nuovo di esprimermi. Il filo rosso che li collega, la tematica di fondo che accomuna i libri è l’accettazione prima di tutto e, in seguito, l’accoglienza dell’altro, delle persone diverse da noi, che lo siano per cultura, per religione, razza, orientamento sessuale e/o aspetto fisico. Apparteniamo tutti al genere umano e come tali, dobbiamo essere rispettati e rispettare. In seguito, ho ripercorso attraverso le pagine di “Vita al rallenty, viaggio attraverso la disabilità” Aras Edizioni la lunga riabilitazione che mi ha permesso di continuare a viaggiare: a Cuba più volte che descrivo in “Che Cuba? In quale direzione va l’isola caraibica” Aras Edizioni e in seguito due mesi in India, raccontata “In Solitaria – Pellegrinaggio nel Sud dell’India” Prospero Editore.
Infine, dal 2019 ho ricomprato la mia barca a vela Mercurio, con la quale navigo 4/5 mesi lungo le acque del Mediterraneo. Una delle caratteristiche predominanti che emergono nei miei libri è la forte curiosità e voglia di conoscere, di esplorare, di sperimentare continuamente nuove sfide, mettermi sempre in gioco e spostare i limiti. Appare non solo nel mio modo di essere viaggiatrice come in Asia, in Africa o in India, ma anche nel modo in cui ho scelto di affrontare la sfida della malattia, combattendo i limiti dettati dalla nuova condizione di disabilità.
L’istinto ha dominato molte delle mie scelte, a cominciare dall’impulso di intraprendere un’avventura straordinaria accettando di essere la compagna di viaggio di una persona conosciuta in appena due ore di treno e con cui ho compiuto l’impresa di partire da Udine alla volta di Pechino, ripercorrendo l’antica via della Seta. Un viaggio incredibile, raccontato minuziosamente nel mio libro “Viaggio al buio” con Ennio Zingarelli, scritto nei momenti e nei luoghi più impensati, in attesa dal meccanico, sul ponte di un traghetto, nei bar, in macchina, ogni momento era buono per annotare le impressioni sul diario di viaggio dove anche il lettore fa parte di quell’avventura. Ogni viaggio è un’esperienza unica e indimenticabile, di solito prendo solo il volo e non programmo molto, scansando percorsi organizzati e preferendo sempre la dimensione umana di una città scoprendola fin quanto possibile a piedi. Viaggiare e conoscere permette di abbattere i pregiudizi nei confronti di ciò che percepiamo come diverso e che a volte ci spaventa proprio perché non lo conosciamo: sempre con la speranza di riuscire ad avvicinare al nostro mondo culture distanti, per dimostrare quanto spesso il pregiudizio ci condiziona e quanto siamo prevenuti nei confronti dello sconosciuto, di ciò che è ignoto ed estraneo.”
Rispetto ai progetti per il prossimo futuro Eleonora risponde così: “Dopo aver organizzato conferenze sul tema “Sessualità e disabilità”, un convegno sul tema della morte, lavorato per un progetto di montagna condivisa per portare le persone “diversamente abili” nella natura con l’uso della joelette, ora sto preparando un progetto di velaterapia per persone con disagio sociale e psichico. Oltre a lavorare per l’abbattimento di barriere architettoniche, sviluppare progetti di inclusione sociale e di turismo accessibile, continuo a navigare con la mia barca a vela Mercurio nelle acque greche, imbarcando amici velisti e sconosciuti, per dimostrare che gli ostacoli maggiori li crea il nostro cervello. Volere è potere!! Ho anche iniziato un nuovo romanzo, per cercare un’altra sfida rispetto agli altri libri di viaggio e il mio sogno nel cassetto è fare la Traversata atlantica” conclude.
…Cosa è per te la disabilità Eleonora?
“Chi non vive la disabilità sulla propria pelle come esperienza diretta a volte non vede o non si sforza di vedere le continue barriere, soprattutto mentali, che spesso basterebbe poco ad abbattere. Nonostante la disabilità ho scelto di non rinunciare mai alle mie passioni, seguendo eventi nonostante le poche agevolazioni, sia a livello economico che pratico, intraprendendo anche viaggi all’estero da sola. Credo che il senso ultimo di ogni mio libro sia il messaggio di forza che lancio, non solo a chi vive la disabilità, ma a chiunque, esortando a godersi la vita. Ho perso amici, che forse non erano in grado di rapportarsi con una nuova Eleonora, ma ne ho incontrati e guadagnati altri mille, che mi hanno accolto in questa dimensione speciale. Non è facile far comprendere agli altri il vero significato del “D- Mondo”, ho molti amici entrati in questa realtà improvvisamente e in età adulta e ancora adesso alcuni non sono riusciti, non solo a reagire alle avversità del destino, ma neppure ad accettare tale condizione. Il percorso di sensibilizzazione è tuttora in salita, ma ognuno di noi ha l’obbligo morale e civile di contribuire a migliorare la società e io spero, nel mio piccolo, di fare la mia parte. Ho scelto di mettere al primo posto me stessa senza mai arrendermi, per volermi bene e piacermi anche quando non riconoscevo quasi più il mio corpo riscoprendo la bellezza in maniera diversa. In “Vita al rallenty” ho sottolineato l’importanza della sfera affettiva per un disabile dedicando un capitolo a parte su un argomento spesso considerato un tabù da medici e famiglia: la sessualità per un disabile.
Concludo quest’intervista prendendo in prestito una citazione utilizzata da Eleonora in una delle sue passate interviste:
“Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendola con dell’oro, perché credono che, quando qualcosa subisce una ferita e ha una storia, diventa più bello. Di questo dobbiamo andarne fieri. Non c’è viaggio senza attraversare frontiere sociali, culturali e psicologiche, quelle dell’anima che sbarrano la strada a noi stessi, spesso invisibili a molti e per questo difficili da abbattere, da oltrepassare. La nostra esperienza al mondo è un viaggio continuo e vorrei che chiunque, non solo chi vive la disabilità abbia la forza di godersi questa magnifica avventura.
Infine, ma non ultimo, è far comprendere che in un qualsiasi momento di difficoltà noi possediamo infinite energie da muovere per voltare pagina e renderla sempre positiva.
Eleonora utilizza anche le parole di don Gallo, prete anticonvenzionale, e con queste vorrei concludere: «Io vedo che, quando allargo le braccia i muri cadono. Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri. Sempre con coraggio. Cerchiamo di continuare a essere ‘trafficanti’ di sogni!».
Grazie Eleonora, noi continueremo a seguirti.
Valentina Cappelli