La nostalgia del viaggio è qualcosa che i grandi viaggiatori porteranno sempre nel loro cuore e nella loro anima, consapevoli sì, di aver vissuto un’altra vita dissetandosi e sfamandosi con le molteplici sensazioni, ma anche di dover tornare a quel cammino ordinario che li riporta alla realtà di tutti i giorni. Il rientro di Luca Gentili comincia a prendere forma: lo raccontano le parole e la voce di Stefania Ingino (podcast sotto)

12 marzo Da Tatopani a Pokhara

Pensavo fosse un enduro invece era una Royal, scrivo questa frase perché la sfida del viaggio è stata proprio questa, salire al campo base dell’Annapurna con una vecchia moto da strada con gomme millerighe come usava negli anni ’60, avremmo potuto noleggiare una comoda jeep prendere l’aereo per Jomsom ma che senso aveva, non avremmo assorbito il sale della vita di questi luoghi.

Oggi partiamo da Tatopani in direzione di Galeshwor per poi virare verso Pokhara.

La luce del mattino in questa chiusa valle è tenue e non ferisce; il sole ancora non è penetrato, scendo nel cortile dell’albergo per caricare i bagagli: Tatopani è a milleduecento metri, le riparate pareti della corte hanno permesso ad un limone ed un arancio di crescere, grossi frutti penzolano dai rami, non mi capacito … sembrano così alieni a questi luoghi.

Come solito ieri sera non c’era luce, l’albergo ha un gruppo elettrogeno e un impianto secondario a corrente continua alimentato a batterie.

Ogni lampadario a due lampadine, ed è collegato a due cavi e a due interruttori; il problema era ricaricare il telefono, ma mi sono dato pace… lo terrò spento, per tornare il navigatore non serve, basta rotolare a valle e poi qui il segnale è inesistente: come cambia la prospettiva delle cose, il nostro inseparabile, ipertecnologico phablet può giusto servire come zeppa al traballate tavolino dove faccio colazione.

Ci stiamo allontanando da Tatopani una notte tranquilla, la piccola camera non era troppo fredda la temperatura era accettabile.

Lungo la stretta valle sono comparse delle risaie e il clima sta cambiando, dal secco deserto di alta quota ad una umida valle.

In un minuscolo villaggio incontriamo bambini che vanno a scuola; in montagna i monaci all’interno degli sperduti monasteri sono l’unico punto di istruzione, i bimbi vivono sulla strada con le madri, i più grandicelli aiutano i genitori con gli yak, sembravano felici pur nel duro giovanile lavoro, non coscienti forse che ad una apparente breve distanza di  cento chilometri, altri bimbi vivono una vita diversa, questi ultimi non sanno fare il formaggio ma conoscono il teorema di Pitagora, chissà se mai potranno scegliere quale vita vivere.

Mi getto a capofitto nell’ultimo tratto di strada, che oggi dopo la pioggia notturna, è divenuto sicuramente il percorso più pericoloso calcato sino ad ora. La notevole pendenza in alcuni punti e il fango, rendono ogni manovra complessa: scendiamo di prima…  qualche volta riesco a mettere seconda, senza però mai toccare il freno, conquistando ogni metro che mi si pone di fronte.

 

L’Annapurna sembra non volerci lasciare andare, ci avvolge, ci impasta di argilla e sabbia, i sassi e le pietre, cadute dalla montagna, vanno aggirate e appaiono improvvise ad ogni curva, gli incroci con i camion e le auto sono giochi da equilibrista sul filo del ciglio della strada, dove decine di metri sotto vediamo scorrere il fiume, che ora si è fatto impetuoso, come se volesse accelerare il suo appuntamento con il Gange.

Piu volte il solco lasciato dalle ruote dei camion è così profondo che la moto si blocca e la devo alzare di peso con l’aiuto dei compagni.

Quando dopo oltre due ore, sfiniti, infangati e fradici di sudore, ci fermiamo davanti alla pompa di benzina nel piccolo abitato di Galeshwor tutto sembra mutare di aspetto, le auto, il mercato chiassoso, la gente indaffarata in mille attività, fa sì che tutto cambi improvvisamente: siamo fuori dalla montagna che tanto ci ha incantato, ora è lontana dietro le nostre spalle e solo qui realizzò che siamo sulla via del ritorno.

A Pokhara ci attende una giornata di meritato riposo.

Luca Gentili

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