Quando è giunta alla mia attenzione l’iniziativa promossa dal Cesvot “Sguardi solidali” il mio pensiero si è soffermato sul potere evocativo delle immagini e, in verità e in special modo, delle fotografie.

Oggi viviamo in un mondo dove fare foto, scambiarle è diventato pressoché usuale. Ma a prescindere, perché la foto è importante o può diventarlo?

A tal proposito mi ha colpito quanto riportato da Vannini (2019) la quale scrive «l’immagine catturata e impressa sulla pellicola fotografica cattura le sembianze di una persona in un preciso momento della sua vita nel suo divenire, rubando attimi di vita ad un tempo che scorre. L’istante in cui l’otturatore della macchina fotografica impressiona l’immagine, la sottrae al suo legittimo proprietario e la fa sua, imprigionandola per sempre in una dimensione senza tempo». Del resto, già molto prima dei nostri smartphon pronti a immortalare ogni momento della nostra o dell’altrui vita e anche dell’invenzione della macchina fotografica, gli aborigeni australiani credevano che l’immagine personale, sia essa riflessa in uno specchio, dipinta in un quadro o immortalata in una fotografia fosse in grado di trattenere a sé qualcosa del soggetto, fino addirittura ad imprigionarne l’anima (Marra, 2001).

Ma forse il punto è proprio questo: la fotografia va oltre il tempo e lo spazio di quel momento in cui viene scattata. In lei possiamo ritrovare espressione dell’anima, contiene valori e vissuti personali, trasforma il presente in passato (e viceversa) (Berman, 1993). La sua forza sta nel suo potere evocativo (Kestenholz, 2016).

Perché di fronte a qualsiasi immagine ognuno di noi attiva, più o meno inconsciamente o consciamente delle memorie, delle emozioni, dei frammenti di quella vita o esperienza vissuta e che illusoriamente, magari, riviviamo proprio guardando quella foto (Marra, 2001). Infatti (Vannini, 2019), la foto non è, da un punto di vista psicologico un’immagine immutabile; essendo un mezzo evocativo di vecchie e nuove immagini mentali, pensieri, sensazioni ed emozioni che noi possiamo apprezzare o disprezzare, gustare o detestare essa ha la capacità di stimolare la nostra psiche alla ri-elaborazione psico-senso-motoria di un vissuto.

Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare.”
(Daniel Pennac)

Cristina Rigacci *

*Psicologo e Psicoterapeuta. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali. psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali.

per sapere del concorso

Concorso fotografico a premi per i giovani senesi. Cesvot: “attenzione al volontariato”

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