Oggi il calendario segna la data 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Purtroppo e tristemente quello che oggi è alla nostra attenzione è un fenomeno sociale e umano molto triste.

Del resto come si può leggere nel Dossier del Viminale del 2024 (Massariolo, 2024), dal 1 gennaio 2023 al 31 luglio 2024 (data di pubblicazione del documento da parte del Ministero) i femminicidi risultavano essere 62 su un totale di 175 omicidi volontari.

Per essere ancora piu’ precisi (Pugliese, 2024) la violenza nelle relazioni intime (Intimate Partner Violence – IPV) costituisce un problema psicologico e sociale complesso con impatti significativi sulla salute individuale e sulla società in generale. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’IPV come un insieme di comportamenti dannosi fisici, sessuali o psicologici perpetrati da un partner nella relazione intima (OMS, 2021).

Questo fenomeno multi-sfaccettato comprende varie forme di violenza, tra cui quella fisica, sessuale, psicologica, economica e assistita (Consiglio d’Europa, 2011).

Anche noi della redazione abbiamo voluto “metterci la testa” dando voce alle nostre donne.

MAURA MARTELLUCCI scrive «Che sia fisica o psicologica non basta un giorno. Anche se è stato scelto il 25 novembre per commemorare l’uccisione di coloro che vennero dette “le tre farfalle”. Non basta un giorno (come la festa del babbo, della mamma, dei nonni, degli innamorati o dei gatti) perché si concentri l’attenzione su questo tema. Un giorno arriva e se ne va. Sono gli altri 364 importanti nei quali parlarne, denunciare, riflettere, aiutare, capire. Tuttavia, un giorno è stato istituito ed è il 25 novembre e venne istituito per deliberazione (siamo nel dicembre del 1999) dell’Assemblea generale dell’ONU. La Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne. La data venne scelta per ricordare un episodio avvenuto il 25 novembre 1960 nella Repubblica Domenicana. Tre sorelle: Patria, Minerva e María Teresa, Mirabalsi opponevano in maniera forte al regime totalitario di Rafael Trujillo e per questo, quel 25 novembre, mentre si stavano spostando in auto vennero fermate da uomini armati, violentate e uccise. Erano in una strada isolata per cui venne simulato poi un incidente ma, scoperti i fatti, l’assassinio provocò una reazione di forza nel Paese quasi risvegliasse e desse forza alle coscienze di una popolazione sottomessa. Dopo pochi mesi Trujillo venne ucciso e con lui terminò la dittatura».

Anche YASMINA NUNZIATA ci ha offerto il suo pensiero e riflette, a suo modo, su certi aspetti intrinseci al fenomeno stesso «Ogni volta che una donna viene uccisa, ferita o annullata, il copione si ripete. Le prime domande, troppo spesso, non riguardano chi ha compiuto l’atto o le sue responsabilità, ma la vittima: “Com’era vestita?”, “Aveva bevuto?”, “Era provocante?”… Come se un abito, un sorriso, un rossetto potessero giustificare la violenza. Queste domande non sono solo inutili: sono velenose. Alimentano una cultura che, invece di interrogarsi su ciò che porta una persona a compiere atti brutali, cerca attenuanti, deviazioni, scuse. Non sono i vestiti a uccidere, ma la mancanza di educazione. Non quella scolastica, ma quella culturale, familiare e sociale. Una società che normalizza atteggiamenti sessisti, che tollera battute degradanti o accetta come inevitabili certe dinamiche di potere, prepara il terreno per la violenza. Perché i femminicidi non nascono nel vuoto: sono il culmine di una scala che inizia con lo scherno, con il controllo, con la convinzione che un “no” possa essere negoziato. Ed è qui che bisogna agire. La lotta contro la violenza sulle donne non è una battaglia contro singoli atti isolati, ma contro un sistema di valori distorto. Significa cambiare le parole, spezzare il silenzio, educare al rispetto, non tollerare più neanche il minimo segno di sopruso. Ogni donna deve essere libera di esistere, di vestirsi, di vivere senza temere per la propria vita. Finché continueremo a chiedere “com’era vestita?” invece di “perché l’hai fatto?”, il cambiamento resterà lontano. Ed è un cambiamento che non può più essere rimandato, perchè grida, e grida forte, la necessità impellente di essere messo in atto. Oggi, 25 novembre, l’impegno è uno solo: arrivare, il più velocemente possibile, a un futuro in cui le donne possano vivere senza temere più nulla, senza dover mai più avere il fiato sospeso. Un mondo dove non servano più giornate per ricordare l’ovvio: che il rispetto è un diritto, non una concessione. Che la dignità non si contratta, si difende. Che essere donna non sia mai più un rischio, ma un diritto pieno, inalienabile, sacro.».

Infine per ultimo e non per importanza, un toccante racconto (pubblicato nel libro di racconti “AAVV shottini ” del Penelope Story Lab editore) scritto dalla nostra GIULIA MEATTINI che, a mio avviso, fa e deve far riflettere molto.

«Accendo un altra sigaretta passandola nervosamente tra le dita e la bocca, sbuffo una nuvola bianca di fumo, il ciuffo biondo di capelli mi ricopre la faccia. Parliamo del più e del meno come facciamo sempre con Carlo,ai giardini seduti sulla nostra panchina. Ci siamo conosciuti tra i banchi di scuola e siamo la dimostrazione che l’amicizia tra uomo e donna può esistere. Oggi però i miei pensieri sono altrove perdo il filo, ripeto le cose , mi incanto. Quando Carlo mi chiede a bruciapelo : come va con Alberto? Le sue parole rimangono sospese tra il fumo della sigaretta e quelle nubi nere che minacciano tempesta. Deglutisco a vuoto, a Carlo non posso nascondere nulla. “Merda, Te ne sei accorto!” penso. La mano di Carlo mi sfiora la guancia ed alza il ciuffo biondo, sotto un livido viola cerchia il mio occhio.
Stronzo! Ringhia.
Ci abbracciamo in silenzio.»

Cristina Rigacci

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