Franca Viola è stata la prima donna in Italia a rifiutare pubblicamente un matrimonio riparatore. Il 26 dicembre 1965, a soli 19 anni, fu rapita e segregata per otto giorni dall’ex fidanzato Filippo Melodia, appartenente ad una famiglia mafiosa locale, che non aveva accettato la fine della loro relazione.
Durante la prigionia subì violenze fisiche e psicologiche, mentre i parenti di Melodia cercavano di imporre ai suoi genitori la “paciata”, un accordo volto a pacificare la vicenda attraverso le nozze riconciliatrici.
All’epoca, l’articolo 544 del codice penale prevedeva che il matrimonio cancellasse il reato di stupro, salvaguardando l’aggressore. E la donna “disonorata” poteva recuperare la sua rispettabilità sposando il suo stupratore.
Franca Viola disse NO. Il suo rifiuto fu un gesto rivoluzionario che scosse l’opinione pubblica e avviò un acceso dibattito che portò, solo nel 1981, all’abolizione di quella norma vergognosa. E oggi?
Secondo i dati di ActionAid, ogni anno nel mondo almeno 12 milioni di minori o giovani donne rischiano un matrimonio precoce e forzato. Anche l’Italia non è esente. Nel 2023 la polizia ha raccolto 28 denunce, ma si stima ogni anno circa 2.000 bambine e ragazze siano a rischio di matrimoni forzati.
In Italia sono a rischio soprattutto ragazze straniere o di origine straniera, come nel caso del femminicidio di Saman Abbas, la diciottenne italiana di origine pakistana strangolata dai propri familiari nel 2021 perché aveva rifiutato un matrimonio combinato e gettato, secondo loro, «disonore» sulla famiglia.
Fonte ARCI Nazionale