Qualche mese fa ho perduto mia moglie dopo una lunga malattia. Ho scritto mia moglie, ma forse avrei dovuto dire la mia compagna di vita, una vita che abbiamo trascorso insieme dai tempi del liceo, percorrendo gli stessi studi, lavorando insieme, vivendo insieme e tanto altro. Per me è stata una perdita enorme e molto dolorosa, un dolore che è tutt’ora presente dentro di me, ma che sento via via attutirsi attraverso il “lavoro del lutto”. È questa un’espressione che tutti conosciamo, che tutti usano a volte anche senza conoscerne in pieno il significato. Pubblico oggi il mio quarto intervento su Sienasociale.it
Sono necessarie alcune premesse generali all’odierno scritto che sarà l’ultimo di questa serie dedicata al lutto. La prima è relativa al fatto che questa nota, forse a differenza delle precedenti, avrà imprevedibilmente un’atmosfera un po’ da contabile, la seconda che farò delle affermazioni generalizzanti che, come tali, sono sempre inesatte e fonte di equivoci.
Sartre diceva che nella vita siamo tutti viaggiatori senza possibilità di ritorno, il nostro è un viaggio con un biglietto di sola andata. Credo che questa considerazione, che ha almeno per me un effetto rasserenante, dovrebbe farci vedere la morte come un atto della vita, certo l’ultimo, ma non un a tragedia impensabile.
Ogni vita ed ogni morte sono sempre uniche e totalmente individuali, mai coincidenti o sovrapponibili con quelle di altri. Detto questo però può anche essere utile fare delle generalizzazioni, quasi delle statistiche, che ci aiutino a capire le grandi linee di fenomeni che a volte mettono in crisi i nostri pensieri e le nostre emozioni.
Di lutti poi ce ne sono tanti ed è forse il momento di dirlo e di differenziare all’interno della categoria. La parola lutto, infatti, si presta a entrare in gioco per tante gradazioni di eventi: dalla perdita di una persona cara, ma anche alla perdita di un animale di compagnia, alla fine di un rapporto o di un amore, alla percezione della fine definitiva di una stagione della vita, ma anche alla perdita di un oggetto o di un ricordo particolarmente caro. È chiaro che la dimensione (ecco l’aspetto un po’ da contabile) delle emozioni in gioco cambia, ma l’andamento del processo interno che ho cercato di descrivere nei precedenti pezzi è paragonabile, quasi linee parallele anche se con altezze ed intensità diverse. Il lutto è il meccanismo con cui la nostra mente affronta una perdita e non bisogna certo vergognarsi di dire o sentire che tale meccanismo può entrare in azione magari per la rottura irrimediabile di un computer (a me è successo) e la relativa, irrisolvibile perdita di un pezzo di vita (foto, scritti, conti e tanto altro) affidato a quella macchina.
Detto questo vengo ad una notazione ancora più difficile da fare. Rimanendo all’interno del lutto che nasce dalla perdita di una persona cara, a mio avviso, se ne possono comunque differenziare modalità diverse, sempre tenendo presenti le cautele che ho premesso all’inizio e che ci mettono di fronte alla infinita variabilità dell’umano.
Colgo, a tal proposito, tre situazioni prototipo: perdere un genitore, perdere la compagna (forse un fratello o sorella), perdere un figlio.
Il dolore che si può provare in ognuna di queste situazioni è diverso e cerco di spiegarmi.
Se perdi un genitore perdi gran parte del passato, un po’ del presente, quasi nulla del futuro. In qualche caso anzi il futuro prende slancio, basandosi sulla ovvia riflessione che ormai ci si trova in prima linea nella vita, che il tempo di fare cose e di realizzarsi non aspetta e forse, se ci sono progetti da raggiungere, bisogna muoversi. In più ci troviamo nell’ambito di una situazione che per qualche verso è fisiologica, è naturale che i figli seppelliscano i padri, con dolore naturalmente, ma senza tragedie.
Se perdi una compagna, perdi molto passato, quasi tutto il presente e quasi tutto il futuro di cui ti resta solo un mozzicone che va comunque riorganizzato profondamente. Naturalmente non mi stanco di dire che ogni situazione è diversa e in questo caso molto cambia in base al tempo trascorso insieme, al tipo di rapporto avuto e così via.
Infine, se perdi un figlio, che è senza dubbio il tipo peggiore di perdita che può accadere, si potrebbe dire che c’è una perdita del passato, ma forse soprattutto degli altri “tempi”, presente e futuro, di cui perdi tutto e la vita per riprendere la sua progettualità ha forse bisogno di un’elaborazione del lutto lunga e complicata.
Un’altra differenza che bisogna citare è quella che si stabilisce tra una morte improvvisa ed una invece attesa ed annunciata da tempo. Dico solo che la morte improvvisa ha di solito un ritardo nell’innescare il lavoro del lutto. C’è una fase ancora precedente che definirei cognitiva, in cui il soggetto stenta di solito a rendersi ben conto di quello che è successo, solo dopo può iniziare il lutto vero e proprio. Per l’altra evenienza invece è come se il lutto cominciasse addirittura prima della morte vera e propria e quel lasso di tempo, lo dico per esperienza personale, è estremamente penoso.
Ed infine al termine di queste riflessioni che ho cercato di svolgere intorno ai temi della morte e del lutto bisogna pur dire che, come tutti i meccanismi umani, anche questo non è perfetto e quindi, forse, nessun lavoro del lutto può mai compiersi pienamente, esiste cioè sempre un resto, qualcosa di indimenticabile che non ci consente di staccarci del tutto dalle nostre perdite.
Forse è questo che dà origine alla nostalgia, su cui si potrebbe molto parlare, che può prendere due strade molto differenti tra di loro.
Può diventare quella in salita del rimpianto o quella più piana della gratitudine.
Andrea Friscelli
Sienasociale.it ospita con estremo piacere le riflessioni del dottor Friscelli che ringraziamo per la disponibilità. Andrea Friscelli, psichiatra e psicoterapeuta ha lavorato per molti anni nel servizio di Psichiatria della locale ASL, è tuttora attivo anche nel Terzo Settore cittadino come fondatore della cooperativa sociale La Proposta (Orto de’ Pecci) di cui è stato per lunghi anni il presidente. Negli ultimi anni ha pubblicato alcuni libri e si dedica alla riflessione sui fatti felici o dolorosi della vita.
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