Oggi è la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo (WAAD, World Autism Awareness Day) istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU. La ricorrenza richiama l’attenzione di tutti sui diritti delle persone nello spettro autistico. In Italia si stima che 1 bambino su 77, nella fascia di età 7-9 anni, presenti un disturbo dello spettro autistico. Per capire di più, ecco le parole di Cristina Rigacci Psicologo e Psicoterapeuta

Quando ci si accinge a parlare di autismo, almeno per quanto mi riguarda, si entra in un campo complesso e delicato che per queste sue caratteristiche necessita a prescindere delicatezza e molta umiltà.

Del resto con la diagnosi di autismo vengono coinvolti molti bambini con una gamma di caratteristiche ben precise ma che variano anche da soggetto a soggetto.

Non è un caso che si parla di disturbi dello “Spettro autistico” (che rientrano nei disturbi del neurosviluppo) proprio per definire una varietà di quadri patologici che hanno in comune difficoltà a stabilire relazioni sociali normali, un utilizzo del linguaggio in modo anomalo (o completamente assente) con comportamenti limitati e ripetitivi. (DSM-5; 2013).

Anche le informazioni riguardanti i genitori di minori con tali problematicità sono molteplici e spesso relative o specifiche per la precisa forma di autismo diagnosticato (Magana & Ghosh, 2010).

Quello che è certo è che lo studio della personalità dei genitori di bambini con Disturbo dello Spettro autistico ha radici antiche. Già Bettelheim, (1976; 1987) focalizzò l’attenzione sul fondamentale ruolo svolto dalla mancanza di affettività e responsività da parte delle madri di questi bambini (mamme frigorifero).

Nonostante queste prime teorie siano state parzialmente abbandonate; attualmente si è affermata l’idea che questi genitori – anche in confronto a genitori con figli aventi diagnosi diverse – esperiscono uno stato di malessere molto acuto e alti livelli di sofferenza quindi una condizione di malessere non trascurabile (Allik, et al., 2006; Smith et al., 2010).

Daley (2004), sottolinea anche il fatto che tali problematicità dei genitori di ragazzi con diagnosi di disturbo dello spettro autistico, aumentano nei primi periodi dopo la diagnosi mentre Lecavalier, et al. (2006) riportano che i genitori di ragazzi autistici, a parità di esperienze, possono palesare proprio uno stato di salute psichica compromessa. Similmente, Smith e coll. (2010) mettono in evidenza come i genitori di ragazzi con un disturbo dello spettro autistico hanno, in confronto ai genitori di ragazzi con altre disabilità (esempio sindrome di Down o Paralisi celebrale) un impatto maggiormente negativo caratterizzato da alti livelli di sofferenza e un drastico peggioramento nelle condizioni di salute psico-fisica.

Ancora più nello specifico sembra che i genitori di ragazzi con un disturbo pervasivo dello sviluppo, oltre a essere maggiormente stressati e ansiosi, sperimentino un a costante e pervasivo senso di fatica e stanchezza e oltre che stati emotivi di forte tristezza, rabbia e colpa (Allik, et al., 2006).

Ma al di là delle considerazioni di sofferenza che inevitabilmente si creano con la nascita di un figlio autistico è importante ricordare che la famiglia è la protagonista di un processo di adattamento (proprio oltre che del figlio), oltre che vittima di una situazione stressante; dopo le prime fasi di shock ci può essere lo spazio per la speranza, la riconquista di un rapporto d’amore, la scoperta di una strada diversa – ma già percorsa da altri – che comporta la costituzione di un autentico e adeguato amore (Scarselli, 2012). Figlio che si ha delle limitazioni, uno svantaggio ma che può trovare – anche grazie ai suoi genitori – le sue risorse, una sua soggettività che va ben oltre il suo disturbo (Alvarez, 2012; lolli, 2019). Del resto sarebbe ingiusto e immotivato ridurre la persona al suo handicap perché è importante fare attenzione non solo a quello che il bambino non può fare: qualsiasi essere umano, anche una persona con un handicap o una deficienza mentale, ha qualcosa da dire a partire dalla sua posizione soggettiva. (Korff-Sausse 2019).

Cristina Rigacci

Psicologo e Psicoterapeuta, è disabile da quando aveva sei anni. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali

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