Abbiamo spesso parlato delle associazioni nate nel tempo, degli ideatori dei progetti, degli animatori ed educatori che lavorano per il sociale… ma ci siamo mai domandati come vivono le famiglie che hanno un loro caro, affetto da disabilità? Oggi ne incontriamo alcuni.
Riccardo ha un familiare di 60 anni, ospite a Cercina del Progetto La Fonte, da lungo tempo. “Mio fratello Sandro ha contratto la malattia mentale all’età di 20 anni e dopo un lungo e travagliato percorso sanitario, un medico ci consigliò l’inserimento in una struttura idonea segnalandoci la Cooperativa La Fonte. Ha iniziato a frequentare la struttura dal lunedì al venerdì, mentre il fine settimana viveva a casa coi miei genitori che sono stati esemplari fino all’ultimo giorno della loro vita prendendosi cura di Sandro, senza mai chiedermi niente, né addossarmi responsabilità alcuna. Purtroppo, nel 2020 mamma e babbo se ne sono andati a distanza di cinquanta giorni l’uno dall’altro, ed io mi sono ritrovato a gestire una situazione più grande di me e di cui, fino ad allora mi ero occupato solo marginalmente. I responsabili de La Fonte, comprendendo immediatamente la mia difficoltà mi sono subito venuti incontro offrendo a mio fratello la possibilità di diventare residenziale, ovvero vivere presso la struttura sette giorni su sette. Ho sentito tutta l’unione dello staff che si è stretto a cerchio intorno a noi e soprattutto a Sandro; questo ci ha permesso di superare quel momento veramente critico”.
Da allora Sandro vive, lavora e trascorre le sue giornate con le persone della Cooperativa dandosi da fare per il mantenimento della stessa; la natura non ha giorni di pausa ed ecco quindi che gli ospiti curano il verde, raccolgono le olive, accudiscono gli animali in fattoria… Ma c’è di più: Riccardo da qualche anno è andato in pensione e da allora effettua volontariato presso la struttura “è un modo per rendermi utile e per stare nel contempo vicino a Sandro, consapevole che per qualsiasi cosa io ci sono; a volte lavoriamo insieme, altre volte ci incrociamo solo per pochi minuti e poi ci ritroviamo a pranzo insieme a tutti gli altri ospiti ed educatori. Vorrei che tutti i familiari avessero la possibilità di vivere di più l’ambiente in cui mio fratello e gli altri ragazzi lavorano; capirebbero che questa realtà non è un posteggio a ore ma è molto, molto di più: un luogo dove un gruppo coeso di operatori ed utenti azzera le diversità e crea un ambiente sempre allegro, attivo e coinvolgente; una “vita” che Sandro non avrebbe, ad esempio, se fosse a casa davanti ad un televisore per ore e ore…”.
Gianluca invece è un ragazzo cinese di oltre vent’anni che fin da piccolo è stato affidato ad una famiglia italiana, pur conservando sempre i rapporti con la famiglia d’origine. Conosciamo Daniela, la mamma affidataria che ci racconta la malattia di Gianluca: “ha la sindrome di Prader-Willi, una malattia genetica rara causata da un’anomalia a livello del cromosoma 15 e che causa obesità sindromica, oltre ad altre patologie come il diabete, un ritardo psico-motorio e a non avere mai il senso di sazietà”.
Tutte cose che non hanno minimamente fermato Gianluca dal perseguire i suoi obiettivi e da bravo studente qual era, qualche anno fa ha conseguito la maturità artistica. “Siamo venuti a conoscenza della realtà di Cercina per casualità: un’estate in campeggio abbiamo conosciuto Massimo Brandi che era lì come accompagnatore di alcuni ospiti della struttura. Mi è subito piaciuto il suo modo di fare coi ragazzi, tanto che gli ho chiesto di poter far fare l’alternanza scuola/lavoro per Gianluca presso la sua Associazione. È nato così un rapporto che continua tuttora e a cui i responsabili del progetto vogliono dare un esemplare riconoscimento: assumere Gianluca a tutti gli effetti con un vero e proprio contratto di lavoro, riconoscendogli l’impegno e la serietà che mette in ogni cosa che fa”.
Gianluca, infatti, lavora anche nel ristorante “Casa la Valle” (sito all’interno della struttura) spiegando meticolosamente il menù, illustrando i piatti del giorno e preoccupandosi che i clienti siano sempre a loro agio e contenti.
Entrambi i familiari di queste persone concordano nel dire che la struttura è un luogo meraviglioso e accogliente in cui i ragazzi sono gestiti da persone che li valorizzano non facendo sentire loro la diversità. La disabilità nasconde in sé caratteristiche ormai desuete e che troppo spesso ci dimentichiamo di mettere in mostra come l’unicità, l’amore, la solidarietà. Tra di loro si aiutano spontaneamente, si confortano e sono l’uno la spalla dell’altro. E questo amore lo trasmettono quotidianamente ai loro educatori tantoché nei fine settimana appena ci sono le condizioni, educatori e ragazzi si spostano dalla struttura per una gita al mare, per fare passeggiate nelle colline fiorentine o semplicemente per prendere un gelato nel centro di Firenze con spensieratezza e serenità!
Buona vita a tutti!
Stefania Ingino