Dalla Pubblica Assistenza Val d’Arbia una video-lettura per celebrare il 25 aprile, un momento di rinascita per le Pubbliche Assistenze
Perché il 25 aprile è così importante per le Pubbliche Assistenze? Nel 1939, nonostante l’opposizione dei militi, la Croce Verde di Torino venne fusa con la Croce Rossa. Fu questo uno degli ultimi tentativi di resistenza delle pubbliche assistenze che vennero chiuse dal fascismo. Il decreto legge n. 84 del 12 febbraio 1930, nonostante le tantissime forme di resistenza messe in atto, stabiliva il trasferimento delle loro attività e dei loro beni.
Con l’inizio della Liberazione, le pubbliche assistenze che erano state accolte o inglobate si adoperarono per tornare autonome. Siena, La Spezia, Firenze, Livorno, Torino, Parma, Padova: furono tante le pubbliche assistenze che durante l’occupazione tedesca videro i propri soci e militi impegnati nella Liberazione.
Il 28 luglio 1946 a La Spezia furono 53 le pubbliche assistenze provenienti da Liguria, Toscana ed Emilia-Romagna, che fecero risorgere la Federazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze. Al primo governo dell’Italia repubblicana fu chiesto, tra i primi atti, di abrogare il decreto del 1930 che aveva sciolto le pubbliche assistenze privandole di tutti i loro beni.
Ogni volontaria ed ogni volontario ANPAS ha a cuore le parole di Garibaldo Bonifei, volontario della pubblica assistenza di Livorno, espulso dall’associazione durante il fascismo e partigiano della “III brigata d’assalto Garibaldi”.
“La Pubblica Assistenza – testimonia in un video – per me era una cosa importante: qualunque cosa si poteva fare nell’interesse del popolo.”
“La libertà – ci spiegano le volontarie e i volontari della Pubblica Assistenza Val d’Arbia – è sentirsi una cosa sola: è così che recita il brano del paesologo Franco Arminio che abbiamo scelto, nella consueta video-lettura del 25 aprile, per celebrare la rinascita delle pubbliche assistenze che oggi come ieri operano sui territori con cura, partecipazione e attenzione alle fragilità e ai bisogni delle comunità.”
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Emilia Di Gregorio