Docente ordinario di lingua e letteratura latina presso l’Università degli Studi di Siena, traduttore, scrittore, uomo di grandissima e sconfinata cultura da diversi anni opera instancabilmente nel mondo del volontariato portando il suo grande cuore anche oltre le sbarre. Da sua ex studentessa con il Professore non ci siamo mai persi di vista, così mi sono fatta coraggio e reputando la sua, una storia importante da raccontare, ho chiesto un’intervista. Immediatamente, con il suo inconfondibile savoir faire e la sua gentilezza, ha accettato e per l’estrema collaborazione che ha dimostrato, lo ringrazio.
Professore quando nasce il suo desiderio di fare volontariato?
“Un giorno del 2007 un’assai brillante ex allieva dei miei corsi universitari, Caterina Dreassi, che operava come volontaria in carcere, mi chiese se fossi disponibile a tenere un paio di lezioni al penitenziario di Ranza-San Gimignano nel periodo estivo, quando tutte le attività vengono interrotte. Questo suo invito mi metteva in una certa difficoltà, soprattutto perché non credevo (io, un latinista) di poter trasmettere nulla che riuscisse a destare l’interesse dei detenuti. Cercai così di opporre una qualche resistenza. Ma lei non si arrese, e alla fine, obtorto collo, mi rassegnai ad affrontare l’esperienza. (E mi permetterei di confessare che un certo qual ruolo, se non il più importante, ha giocato in questa decisione il famoso passo del Vangelo secondo Matteo 25, 36, «ero carcerato e siete venuti a trovarmi»: io in carcere non avevo mai visitato nessuno). Così, proposi alcune lezioni di carattere generale sulla poesia. Quando andai a tenere quelle lezioni, trovai da parte dei detenuti un’accoglienza estremamente calorosa, e nel contempo – fra ogni forma di squallore, chiasso e desolazione – mi facevo l’idea che chi viveva laggiù era talmente privo di tutto e talmente dimenticato da tutti, che sarebbe stata in realtà accolta con attenzione e riconoscenza qualunque cosa desse prova di un umano interessamento. All’epoca facevo parte di un gruppo di amici della lettura: proposi loro di organizzare un calendario di incontri con i detenuti. Accettarono in molti, e questi incontri sono divenuti un ciclo che dal 2008 a oggi, salvo per la pausa ‘obbligata’ in tempi di covid, non si è ancora interrotto”.
Dopo essere stata una sua studentessa all’Università ho avuto il piacere di incontrarla anche all’interno delle mura della Casa Circondariale Ranza di San Gimignano dove io ero l’insegnante di scuola secondaria di secondo grado e lei il docente volontario. Ci vuole raccontare questa progettualità? La sta portando ancora avanti?
“Sì, come dicevo, il progetto continua tutt’ora. Consiste in incontri culturali su argomenti vari di cultura umanistica per lo più letteratura, ma anche storia, storia dell’arte, folklore, filosofia, a volte perfino diritto, con cadenza all’incirca bisettimanale. Per ogni appuntamento è previsto un oratore, che si sceglie il tema che preferisce, e che viene accompagnato da due o tre altri volontari in veste di uditori e di ‘compagni di strada’. Si tiene la lezione e si discute con il pubblico. Ma soprattutto, direi, è importante la dimensione dell’incontro, perché gli ospiti di Ranza non hanno molte occasioni di vedersi visitare da giovani, o meno giovani, interessati esclusivamente a tenere loro compagnia per un paio d’ore (purtroppo coincidenti con la loro ‘ora d’aria’, nell’orario, piuttosto irrituale, 13:30-15:30). Per un certo periodo abbiamo potuto affiancare a questi seminari anche un corso di pittura e un corso scrittura creativa (che ha prodotto anche una bella antologia di racconti: A volte mi ritrovo sopra un colle, a cura di Maria Rosa Tabellini, per Marcianum editore)”.
Oggi opera anche da volontario in altre realtà?
“La realtà carceraria di San Gimignano è a dire il vero attualmente l’unica in cui io stia prestando opera di volontariato”.
Chi la affianca nel mondo del volontariato?
“Il gruppo che coordino è piuttosto nutrito, e assomma a una quarantina di persone. D’altronde gli appuntamenti hanno una frequenza tale da richiedere la disponibilità di un buon numero di operatori. Fra questi, figurano professori degli Istituti superiori, in attività o in pensione, docenti universitari del mio Ateneo, ma anche dell’Università per Stranieri, e soprattutto molti studenti o dottorandi che, essendo venuti a conoscenza di questa iniziativa, hanno voluto aderirvi con particolare trasporto e con entusiastica militanza”.
Nel suo percorso di volontario, ci sono o ci sono stati eventi o persone particolarmente segnanti che si sente di poter condividere con noi?
“Naturalmente, sull’arco di ormai quindici anni, gli episodi importanti sono stati numerosi. Con vari ospiti di Ranza è nata una sincera amicizia, che dura anche ora che la loro pena si è estinta o è stata mitigata da benefici di legge, come la semilibertà. Alcuni dei loro racconti o alcune delle situazioni che mi sono trovato a vivere fra le sbarre si sono poi trasformate in testi poetici di una sezione dedicata al carcere nella mia ultima raccolta, Filo spinato, pubblicata da Einaudi nel 2021. Talora abbiamo vissuto episodi drammatici. Ma abbiamo vissuto anche momenti molto belli: fra gli episodi più toccanti che mi è capitato di vivere ce n’è uno che risale proprio ai primi tempi dei nostri ‘seminari’. Un giorno, finito l’incontro, stavamo uscendo (ero con la professoressa Tabellini), quando ci imbattemmo in un giovane che aveva in collo due grandi sacchi neri di quelli della spazzatura. Era un giovane «liberante», come si dice in gergo: ossia, veniva liberato in quel preciso momento, dopo una detenzione relativamente breve, e in quei sacchi aveva tutti i suoi effetti personali. Si trovava ora abbandonato al suo destino in mezzo alla campagna, senza mezzi di trasporto e senza un telefono: ci chiese se poteva usarne uno dei nostri, e noi lo accompagnammo fino a San Gimignano, dove i suoi sarebbero venuti a rilevarlo. Poter condividere quel momento di riconquistata libertà, e stare vicino a qualcuno che dall’inferno tornava alla vita, fu un’emozione indimenticabile”.
Grazie per la disponibilità Professore. Un’ultima cosa, qual è il suo augurio al mondo del volontariato?
“Supererò il timore di sembrare presuntuoso nel fare mia una frase biblica, e (rivolto naturalmente anche al mio gruppo e a me medesimo) risponderò con telegrafiche parole che già dicono tutto il bisogno che vi sia di questa disposizione verso l’umano, così differente dalle inclinazioni che il mondo viene prendendo: «Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra»”.
Giada Da Frassini