L’estate sta finendo: sempre più spesso si sente parlare dell’inizio della scuola, quindi dei prossimi impegni di alunni e insegnanti. Oggi la mia riflessione verte su quest’ultimi.
Bisfrattati, temuti, odiati e amati sono sicuramente tra i protagonisti della storia di ogni studente. Un mestiere tutt’altro che semplice come insegnano anni di studi psicopedagogici (Amatori, 2019; Michelini, 2013). Come scrive Biagioli (2018) «Educare oggi è un discorso essenziale ed assieme inutile; rimanda ad antiche e complesse questioni sui significati di aiutare e di far crescere. Comunque sia senza modelli, senza l’autorevolezza dell’insegnante che genera ammirazione, è più difficile crescere e divenire adulti»
Non a caso, già Sigmund Freud – in una sua frase, divenuta, a mio avviso, fin troppo celebre e iperduvulgata – sosteneva che i mestieri più difficili erano genitore, insegnante e psicologo. Infatti – come si può dedurre da un approfondimento sulla nota del grande psicoanalista (Interattivamente, 2023) – a ciascuno di essi è richiesta una grande capacità di comprensione delle dinamiche umane e di relazione con gli altri e hanno la responsabilità di fornire un ambiente sicuro e stabile per coloro che dipendono da loro, aiutandoli a superare le sfide della vita e a sviluppare una personalità sana. Nello specifico dell’insegnante viene a loro richiamata la responsabilità di formare e guidare i loro studenti nel loro percorso di apprendimento quindi la capacità di aiutare i loro studenti a comprendere il mondo che li circonda, ad affrontare le sfide della vita e a sviluppare una personalità sana.
Anche in tempi molto più recenti (Ventura, 2010), in più modi e occasioni, è stato messo in relazione il benessere del bambino con il ruolo svolto dall’insegnante sottolineando come sia importante pensare a quest’ultimi come soggetti impegnati nei campi delle relazioni di aiuto quindi da tutelare e supportare nel loro difficile operare quotidiano.
Per essere ancora più precisi: «uno dei luoghi di vita più pregnanti nell’esperienza del bambino, del preadolescente e dell’adolescente è certamente rappresentato dai servizi educativi e scolastici in cui, nella ma seggior parte dei casi, possiamo rintracciare una serie di attività gruppali e di fenomeni relazionali che svolgono un’imprescindibile funzione arricchente e supportava dello sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei giovani, in cui spesso gli educatori e gli insegnanti svolgono un ruolo compensativo in riferimento ai processi di identificazione, soprattutto nei confronti dei bambini e dei ragazzi più svantaggiati». (Mancini & Naldi, 2023; p.36).
Proprio la complessità del ruolo dell’insegnante ha fatto si che negli anni sempre più studiosi si occupassero del loro stress, che, nei casi più eclatanti, può sfociare in vero e proprio burnout. (Giannetti, Giuntoli & Bertelli, 2006).
Quindi, cosa auspicare ed aspettarci? Sicuramente già importante sarebbe che la scuola mettesse al centro la consapevolezza del fatto che al suo interno si attuano fenomeni che sono un intreccio tra mente emozionale e mente razionale e dove gli insegnanti sono chiamati ad acquisire e ad utilizzare competenze ben più complesse e delicate di come poteva essere anni fa: competenze che sono in primo luogo emozionali oltre che relazionali e metodologiche (Agosta, 2020).
E per i singoli insegnanti? Personalmente spero che ciascuno di loro possa continuare, a proprio modo, quella rivoluzione educativa che diventa ricreazione di codici comportamentali, didattici e pedagogici, di stili relazionali che mettono al centro il volto: quello del bambino, dell’insegnante stesso e della scuola tutta (Crocetti, 2022).
Infine – per concludere sulla scia di come ho iniziato – spero che gli insegnanti ricordino che l’opera dell’insegnante libera e permette di essere sé stessi, che “L’arte di insegnare è l’arte di assistere a una scoperta” (M Van Doren) dove, da una parte, c’è una persona capace di superare certe fisiologiche barriere e, dall’altra, chi è predisposto al cambiamento (Biagioli, 2018).
Cristina Rigacci
Psicologo e Psicoterapeuta. Studiosa di dinamiche psicologiche sottese ad una genitorialità difficile o resa tale per la presenza di un figlio che soffre a causa di una malattia o disturbo, ha lavorato per anni con le associazioni senesi “Sesto Senso” e “Asedo” per facilitare l’integrazione di alunni con disabilità e favorire esperienze di autonomia (housing) per un piccolo gruppo di ragazzi Down. E’ tra i soci fondatori di Codini & Occhiali nonché firma del nostro giornale